Il governo e la maggioranza sono stati battuti al Senato due volte nella votazione sugli emendamenti al ddl anticorruzione. Nel primo caso l’emendamento, proposto da Lucio Malan (Pdl), sostituiva l’intero primo articolo che istituisce il piano nazionale anticorruzione e in particolare sosteneva che occorreva istituire un Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione presieduto dal presidente del Consiglio. L’opposizione ha contestato questo punto dell’emendamento.

La maggioranza è stata battuta con 133 no, 129 sì e cinque astenuti. Subito dopo la votazione il sottosegretario Andrea Augello ha osservato che essendo caduto l’emendamento Malan “è di fatto caduto l’intero articolo 1 del provvedimento”, così come era stato riformulato dal relatore. Il presidente di turno, Domenico Nania, ha quindi sospeso la seduta per dare tempo al governo di esprimersi sugli emendamenti che sarebbero stati considerati soppressi nel caso in cui fosse passato l’emendamento Malan che faceva dipendere dalla presidenza del Consiglio il funzionamento del Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione. L’opposizione ha votato contro questo emendamento perchè punta alla creazione di un’Authority indipendente dal potere esecutivo.

A questo punto Il governo ha chiesto tempo per riesaminare il ddl anticorruzione. Federico Bricolo, capogruppo del Carroccio in Senato, ha detto che è “giusto riflettere e prendere tempo”. Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl ha osservato che “è giusto concedere al governo tempo per vedere gli effetti del voto di oggi”.

Il governo è stato poi battuto una seconda volta con 131 no, 129 sì e 4 astenuti su un emendamento della senatrice del Pdl Ada Spadoni Urbani, appoggiato dall’esecutivo. L’emendamento cassato prevedeva la rotazione dei dirigenti sia nelle amministrazioni centrali che in quelle periferiche ed è di minore importanza rispetto all’emendamento Malan che sostituiva l’intero primo articolo del ddl.

Durante la votazione del ddl anticorruzione un altro caso ha avuto come protagonista la Lega Nord. Che ha votato contro un emendamento bipartisan che obbliga “coloro che occupano cariche pubbliche o assumono pubblici impieghi” a giurare fedeltà alla Costituzione italiana al momento dell’assunzione. L’emendamento è passato lo stesso, con 214 sì, 30 no e 11 astenuti.

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