Vercelli-La Hague (Francia), andata e ritorno. Questo prevede l’accordo italo-francese siglato nel 2006 ed entrato in vigore nel gennaio 2007. Un accordo che ha per oggetto il “trattamento di 235 tonnellate di combustibile nucleare italiano”. Si tratta degli scarti accumulati nel nostro paese durante la stagione del nucleare terminata nel 1987 dopo l’esito del referendum popolare. In calce, accanto alla firma della parte transalpina, c’è quella di Pier Luigi Bersani, ai tempi, ministro per lo Sviluppo economico italiano. Poco più di tre pagine da cui si evince che “entro e non oltre il 31 dicembre 2025” gli scarti debbano tonare da dove son partiti. La Sogin (Società gestione impianti nucleari) si sta già attrezzando, autorizzando la gara d’appalto per la costruzione di un deposito per rifiuti radioattivi (D2), nella zona Ex Eurex di Saluggia.
Per essere riprocessate le scorie nucleari devono attraversare più di mille chilometri. Questa è la distanza che separa Vercelli da La Hague, Normandia. Dal gennaio 2007 a oggi materiale altamente tossico passa sugli stessi binari in cui viaggiano persone e merci. Dal Vercellese il treno passa per Torino, attraversa la Valsusa, e da Modane passa al territorio francese. Ma del viaggio delle scorie la gente del posto non sa nulla (Leggi l’articolo). A nessuno di loro viene data la possibilità di mettersi al sicuro. Sebbene il pericolo esista. La dimostrazione è data dal piano di emergenza stilato dalle prefetture piemontesi, un piano che prevede fino a tre livelli di rischio (Leggi il documento).
A sancire il diritto della popolazione a essere informata è la direttiva della Commissione europea dell’energia atomica sui trasporti nucleari – la 618 del 1989. La norma prevede che gli stati vigilino “affinché la popolazione che rischia di essere interessata dall’emergenza radioattiva sia informata sulle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili, nonché sul comportamento che deve adottare in caso di emergenza radioattiva”. Con diverso idioma la legge della Regione Piemonte n° 5 del 18 febbraio 2010 recita: “La Regione e i comuni interessati, senza che i cittadini debbano fare richiesta, assicurano preventivamente a tutti i gruppi di popolazione per i quali è stato stabilito un piano di emergenza radiologica, l’informazione sulle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul comportamento da adottare in tali occasioni”.
Nonostante questo, il piano di emergenza prefettizio e il decreto della presidenza del consiglio dei Ministri n. 44 del 2006, la delibera regionale 25 – 1404 del 19 gennaio 2011 della giunta di Roberto Cota non prevedono nessuno di questi indirizzi. Mentre il piano d’emergenze prefettizio sancisce che la popolazione venga messa al corrente solo in caso di incidente.
Davanti al silenzio delle istituzioni i cittadini non ci stanno e protestano. “E’ assurdo che un sindaco non sappia la data precisa in cui passano i treni”, afferma Emilio Chiaberto, primo cittadino di Villar Fioccardo, comune che insieme al Movimento 5 Stelle e alla federazione nazionale Pro Natura ha fatto ricorso al Tribunale del Piemonte. “Come posso avvertire i cittadini di questo pericolo”, aggiunge . “Noi non ci opponiamo al transito dei treni con le scorie nucleari”, precisa Davide Bono – consigliere regionale del Moviemento 5 stelle – noi vogliamo che venga fatto nel rispetto delle leggi”. Intanto il 14 maggio scorso i giudici hanno stabilito che la competenza spetta al Tar del Lazio. E in attesa della decisione, i convogli con le scorie continueranno a passare.