Diritti

Roma, una privatizzazione che in provincia fa acqua da tutte le parti

112 comuni della provincia di Roma firmano un accordo nel 2006 con la società per azioni Acea. Un accordo che doveva far scendere subito le tariffe. Ma a distanza di anni, le tariffe solo ora cominciano a calare e il servizio resta carente. Come a Velletri, dove i rubinetti in molte zone sono prosciugati

“Io non posso scaricare il water, ho i panni che sono ‘muffi’, mio figlio deve uscire con la propria ragazza e non si può lavare, ma è normale questo? Qui stiamo tutti impazzendo“. La signora Ciriaci abita da più di trent’anni a Velletri, cittadina di 50mila abitanti, a due passi dalla Capitale. Scrive a ilfattoquotidiano.it perché chiede come è possibile che nel 2011, nonostante la regolarità delle bollette pagate, l’acqua a casa sua arrivi anche solo un quarto d’ora al giorno? Una famiglia di cinque persone, dove marito e moglie sono rimasti senza lavoro da mesi, dove a lavorare è solo uno dei tre figli. Dove la situazione, insostenibile, della mancanza di acqua dura da anni.

Eppure Velletri è uno dei 112 comuni della provincia di Roma che nel 2003 hanno firmato un accordo con Acea per la gestione del servizio idrico. Centododici comuni facenti parte dell’Ato2, l’ambito territoriale ottimale 2 del Lazio centrale. La Convenzione di gestione con Acea spa prevedeva grandi interventi di ammodernamento e, soprattutto, un adeguamento progressivo delle tariffe al ribasso rispetto a quelle del comune di Roma. Visto che nella Capitale le tariffe sono di gran lunga le più basse: 0,15 centesimi di euro contro 0,85 per metro cubo per Velletri, cinque volte tanto. Un accordo che mostra il vero volto della privatizzazione e delle multinazionali dell’acqua. Con la politica sempre più al fianco del gestore privato e poco alle esigenze dei cittadini. E qui a Velletri, ogni giorno è un sit-in di protesta. “Ci prepariamo a marciare fino al giorno prima dei referendum, perché siamo assetati, arrabbiati e con le tasche vuote”. La signora Rita gestisce il bar centrale di piazza Mazzini, nel centro storico della cittadina. “Laviamo le tazzine una volta ogni quindici giorni, ho rilevato questo bar 5 anni fa, se avessi saputo non mi sarei indebitata in questo modo”. Gestire un bar senza acqua è una cosa impossibile, visti i controlli igienici che le Asl fanno sulle attività commerciali.

La leader dei Comitati per l’acqua pubblica di Velletri, è una giovane donna originaria dell’Amazzonia, Astrid Lima. Ha vissuto nel suo paese ciò che hanno fatto le multinazionali dell’acqua nella sua città, Manaus, e ora non vuole accada lo stesso nel comune dei Velletri, il suo posto di adozione. “A Manaus la privatizzazione ha escluso centinaia di migliaia di persone dal ciclo dell’acqua – dice Lima – dove sono state tagliate 400mila persone, che pagano acqua che è poca e di scarsa qualità”. Poi Astrid va giù dura con i sindaci dei comuni che hanno sottoscritto l’accordo con Acea. “I comuni sarebbero dovuti essere fin dall’inizio dalla parte di noi cittadini, tutelandoci – afferma – . I   cittadini di Velletri, invece, hanno continuato per anni a pagare per intero bollette carissime per un’acqua che è stata sempre centellinata, solo dopo anni sono arrivati gli adeguamenti al ribasso, ma solo dopo una nostra dura battaglia”. E gli investimenti promessi per migliorare la rete e il servizio? “Dal 2003 al 2008, Acea-Ato2 ha incassato più di 400 milioni di euro di sola remunerazione di capitale”, dichiara Astrid Lima, “ma di investimenti ne abbiamo visti pochi a Velletri. Anzi, molti cittadini pagano ancora bollette con aumenti retroattivi, che i comitati per l’acqua sono riusciti a contestare”.

Il processo di privatizzazione dell’acqua a Roma e in provincia comincia con le giunte di centrosinistra di Francesco Rutelli e Walter Veltroni. Tredici anni fa l’Acea si trasforma da azienda pubblica in società per azioni. Acea oggi gestisce i servizi idrici in una dozzina di grandi aree italiane. Il 51% per cento delle azioni è del Comune di Roma, il 49% delle azioni viene collocato in Borsa. Ci sono, però, due grossi investitori privati. La francese Suez Gdf, un colosso mondiale, che controlla oggi circa il 10% delle azioni ed esprime due consiglieri di amministrazione e poi l’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone, con poco meno del 15 %, il 14,75% per la precisione. “Quello che noi abbiamo notato è che i sindaci, la Provincia, i politici che avevano ed hanno tutti i poteri per vigilare sull’operato del gestore, sono – conclude Astrid Lima – troppo succubi del privato. E’ questo che ci preoccupa sempre più per il futuro. Ecco perché servono milioni di Sì il 12 e 13 giugno”.