Lo chiamavano Beppe “duecento gol” Signori nelle intercettazioni. Le carte della Procura di Cremona lo avevano già fatto intuire e tutte le persone interrogate fino a oggi lo hanno confermato: era Beppe l’uomo dei contatti con Milano, colui che ogni settimana si faceva il viaggio da Bologna e andava a incontrare un misterioso intermediario. Era lui, Signori, che portava grazie alle sue fonti portava a casa i risultati sui quali scommettere.
Conferme che i magistrati avrebbero trovato nei “pizzini” che mister duecento gol teneva all’interno di un’agenda. Incontro, risultati, scommesse. C’è tutto in quel sequestro fatto nella casa di via Bottrigari, appartamento da famiglia alto borghese, semi centro bolognese.
Lì Signori guidava una banda che alcuni giornali definiscono come armata Brancaleone e che gli inquirenti, invece, considerano una centrale delle scommesse clandestine sul calcio. Legali, in alcuni e pochi casi, concordate in altri. Forse concordate con qualcuno che sta lassù in alto e che ancora non è emerso. I pizzini, dicevamo dall’infinità di carte sequestrate, come scrive il Corriere della sera, finora emergono foglietti piegati due-quattro volte e infilati nelle agendine degli inquisiti. «Pizzini» sui quali si leggono dettagli definiti «illuminanti», come «interessanti» sarebbero i particolari scritti a mano sulle agende finite nelle mani di chi indaga. Ciascuno di quegli appunti oggi è un pezzo del puzzle che secondo la procura di Cremona disegna l’associazione a delinquere di questo scandalo sul calcioscommesse. Associazione che si appoggiava sulle spalle di Beppe duecento gol Signori, l’uomo che aveva i contatti con Milano.
Ma mentre gli altri indagati confermano, raccontano particolari, Signori dice di non aver mai scommesso, al massimo 2-300 euro in tabaccheria (il gioco del lotto? Gratta e vicni? In tabaccheria non si può scommettere su altro) e di essere estraneo a tutte le contestazioni che gli vengono mosse. Nega di aver pagato per una combine tra Inter e Lecce, ma della quale in realtà era a conoscenza, visto che il 15 marzo scorso, in via Ugo Bassi a Bologna, nello studio dei commercialisti di Signori, Manlio Bruni e Francesco Giannone, Beppe duecento gol c’era. E anche di quella riunione esistono i pizzini. Ma Signori al pm dice di essere stato spinto dai suoi commercialisti fuori di casa quel 15 marzo, per conoscere Massimo Erodiani e Antonio Bellavista, la versione fornita da Francesco Giannone, commercialista dell’ex bomber del Bologna, è totalmente contrastante.
Giannone, accusato di far parte del clan di scommettitori e truffatori chiamato dei bolognesi e per questo finito in manette, è stato chiamato oggi pomeriggio a rispondere alle domande del procuratore di Cremona, Francesco Di Martino. Non si sbottona il suo legale difensore, Fausto Bruzzese, sui dettagli forniti dal commercialista al pubblico ministero. Ma di certo Giannone ha parlato, e anche molto, dato che l’interrogatorio è durato tutto il pomeriggio.
“Ieri pomeriggio Giannone ha offerto ulteriori chiarimenti sulle vicende di cui era stato chiesto conto durante l’interrogatorio di garanzia – spiega Bruzzese -. Abbiamo chiarito quei piccoli aspetti di contorno rispetto ai fatti già emersi durante l’interrogatorio di garanzia”. E dopo che Signori ha addossato a Giannone e a Bruni, l’altro commercialista, la colpa di avergli presentato i due personaggi che avrebbero proposto all’ex calciatore di finanziare la corruzione di alcuni giocatori per la partita Inter-Lecce, arriva una secca smentita: “Ovvio che la versione del mio clienti, rispetto a quella di Signori, è molto diversa. Anche perché la scelta che abbiamo fatto, per contrastare questa misura cautelare di fermo, è quella di rispondere a ogni domanda con trasparenza e raccontare i fatti realmente successi. Abbiamo ribadito che alcune persone ci avevano proposto di fare scommesse, che poi in verità si sono tradotte in una sola scommessa su una sola partita, ovvero quella di Inter-Lecce. Ma la scommessa in sé e per sé non è un’attività illecita. Se Signori o altri parlano di combine, i fatti dimostrano che poi non ci sono state. E al mio cliente non vengono assolutamente contestati finanziamenti per comprare giocatori”.
Bruzzese insiste molto su questo aspetto economico, messo in discussione dalle dichiarazioni al gip, Guido Salvini, ieri pomeriggio dal Beppe nazionale. Così come l’estraneità di Giannone dalla cricca di bolognesi: “Giannone quel giorno era nel suo studio – afferma l’avvocato -, se qualcuno è andato lì sono stati gli altri, che normalmente non lavorano lì. Al pm abbiamo spiegato l’incontro in ogni dettaglio, ma sono atti coperti dal segreto istruttorio. E non ci è stato chiesto nulla del foglio su cui erano annotate le tariffe per comprare le partite, in quanto noi non c’entriamo”.
Ci tiene a chiarire invece la propria posizione Daniele Quadrini, calciatore del Sassuolo, il cui nome è emerso ieri dopo che Erodiani ha raccontato di aver chattato con lui sui Skype ricevendo delle ‘dritte’ sul scommesse da effettuare nel suo campionato, soprattutto sulla partita Sassuolo-Siena. “E’ stato un incontro perfettamente regolare – ribadisce Quadrini alla procura di Roma -. Non ho avuto contatti anomali con nessuno nè prima e nè dopo la partita”.
Dal legale di Quadrini, Massimo Ciardullo, arrivano invece accuse alla Federcalcio: “L’8 maggio scorso denunciai del tentativo di estorsione a danno di Quadrini depositando l’atto alla Procura della Figc. Spiegai che si era in presenza di un fatto gravissimo e che esisteva una banda che era dedita alle scommesse. A nostro parere la Figc sarebbe potuta intervenire subito, prima che questo scandalo fosse scoperchiato dall’attività della magistratura ordinaria. Lui è stato contattato da questo che è risultato essere Erodiani solo ai primi di maggio e la denuncia è scattata subito”.