Non sono tra le persone che possono vantare un lungo rapporto di amicizia con Roberto Morrione. L’ho conosciuto nella primavera del 2008 dopo un breve colloquio telefonico.
Gli proposi di sostenere con Libera Informazione un progetto di scrittura collettiva antimafie. Ragionammo sulla possibilità di costituire un coordinamento nazionale di esperti che interloquissero attraverso un’antologia interdisciplinare. Un modo per far emergere i punti nodali di una rete nazionale che agisce “fuori dai riflettori”, stimolando l’impegno civile sia nei territori di tradizionale insediamento mafioso, sia in quelli di recente aggressione.
La malattia avanzava e la chemioterapia gli lasciava giusto il tempo necessario per portare avanti la redazione di giovani giornalisti per la legalità, a cui trasferire conoscenze ed esperienza.
Compresi che il suo era un “silenzio/assenso”. Non aveva la forza di seguire lo svolgersi degli eventi in più direzioni, doveva rimanere concentrato sulla “creatura” per rafforzarla nel mare magnum dell’informazione antimafia. Solo uno strumento autorevole avrebbe potuto reggere la prova del futuro anche quando (ormai consapevole) non avrebbe potuto più “dirigere la baracca”.
Cominciai allora a convocare qualche riunione presso l’Osservatorio contro la camorra a Napoli in attesa di ripristinare un contatto con Roberto. Molti risposero all’appello, ma con il passare dei mesi mi rendevo conto che era difficile stabilire una comune intesa (può capitare quando si parte da posizioni diverse e non si è abituati a ragionare in maniera collettiva).
Bastò, però, la dichiarazione di Berlusconi ad Olbia nel novembre 2009 per rilanciare, con vecchi e nuovi amici, un’idea che sembrava non poter decollare. In pochi mesi vide la luce Strozzateci Tutti, un’antologia antimafie scritta a 46 mani. Il filo rosso era un racconto corale, e dal basso, in cui i narratori, tra cronache quotidiane e approfondimenti disciplinari originali, portavano alla luce i lati più nascosti del prisma mafioso.
Quando nel novembre dello scorso anno abbiamo presentato l’opera alla Camera dei Deputati Roberto era tra i relatori. Ebbe parole di stima per il libro (da lui stesso recensito per Libera Informazione) e per gli autori. Ricordò, poi, come quel “mattone di pagine” fosse la concretizzazione di un dialogo, pur silente, ininterrotto che saldava la nostra avventura libresca ad un mondo più vasto di scrittura civilmente impegnata (il video del suo intervento è scaricabile dal sito di Radio Radicale). Terminata la presentazione mi chiamò da parte e disse: «Bravi, ma ora dovete continuare e costruire una rete virtuale con le tantissime realtà antimafia che nascono e vivono in internet».
Non solo ci aveva sostenuti pubblicamente, ma da arguto comunicatore ci indicava la via da seguire. Roberto, insomma, aveva capito che è giunto il momento di pattuire un confronto permanente e sottoscrivere regole comuni per i tanti “resistenti”, dilettanti o professionisti, che animano, attraverso blog, siti web, giornali on line, social network, il tema della lotta alle mafie.
Ma questa è un’altra storia che meriterà un opportuno approfondimento. Ciò che conta, qui ed ora, è dimostrare, a quanto lo hanno stimato e voluto bene, che Roberto vedeva lontano e che tutti noi dovremmo inforcare i suoi occhiali per vedere oltre l’attuale orizzonte.
di Marcello Ravveduto
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