“Ho contribuito anch’io al primo esperimento al mondo che è riuscito a far camminare di nuovo un paraplegico, ma oggi per il mio paese sono soltanto uno dei tanti ricercatori a spasso”. E’ amareggiato il trentenne Enrico Rejc, l’unico italiano nel team americano che ha compiuto un vero e proprio miracolo su Rob Summers, 26enne dell’Oregon bloccato su una sedie a rotelle da cinque anni.

Il progetto a cui ha preso parte Rejc probabilmente finirà negli annali della medicina: non era mai successo di riuscire “ricollegare” il cervello alla spina dorsale che ha subito una lesione permanente. “Noi ci siamo riusciti – racconta il ricercatore – e se voglio continuare a lavorare serenamente su questo filone di ricerca non mi resta che fare le valigie e trasferirmi definitivamente negli Stati Uniti”.

Il contributo del ricercatore italiano al progetto è stato frutto di un “prestito”. Grazie a una borsa di dottorato all’Università degli Studi di Udine, Rejc è andato prima a Los Angeles e poi a Lousville a lavorare fianco a fianco con Susan Harkema e Reggie Edgerton, i due scienziati che hanno coordinato lo studio pubblicato sulla rivista Lancet.

“E’ stata un’esperienza straordinaria. Siamo riusciti a dimostrare – racconta –  che con la stimolazione elettrica epidurale è possibile riattivare i circuiti spinali che controllano la postura e il movimento, che non sono più collegati al cervello a causa della lesione”. In questo modo, la parte “intelligente” del midollo spinale è in grado di utilizzare le informazioni sensoriali periferiche per  controllare autonomamente l’attività muscolare. “E’ stato incredibile – riferisce Rejc – vedere il giovane Rob che si alzava da quella sedia a rotelle a cui è stato condannato nel 2006 quando un pirata della strada lo investì e fuggì via”. Il nostro ricercatore è stato lì tutto il tempo necessario per vedere con i suoi occhi quei miracolosi passi incerti compiuti da Rob. “Un lavoro molto duro – racconta – Prima l’impianto chirurgico di 16 elettrodi nella zona lombosacrale sulla spina dorsale di Rob, dopo 70 lunghissime sessioni di allenamento. Ma ne è valsa la pena: vedere Rob alzarsi è stato molto emozionante”. Peccato che ora l’avventura di Rejc sembra essere arrivata al capolinea. Con la borsa di studio scaduta, per lui non sembra proprio esserci posto nelle università o negli enti di ricerca italiani.

“Sono da gennaio – racconta – che aspetto un segnale, ma ancora niente. Questo è uno dei primi effetti concreti della riforma Gelmini. Un provvedimento ipocrita che, alzando le soglie minime per gli assegni di ricerca e la loro durata minima, senza affiancare dei finanziamenti adeguati, ha di fatto reso quasi impossibile per le università, già in crisi, di far lavorare un ricercatore, anche per brevi periodi”.

Fare un biglietto di sola andata fuori dall’Italia sembra proprio l’unica alternativa, ma Rejc è uno di quei cervelli molto legati alla sua terra. Nato e cresciuto a Gorizia, sogna di formare una famiglia nel suo paese. “Quando penso al mio futuro – dice – mi piace immaginare di poter crescere i miei figli qua. Mi sembra di tradire il mio paese andando via. E’ qui che sono cresciuto, è qui che ho la mia famiglia e gli amici ed è qui che vorrei mettere a disposizione tutto quello che ho imparato e che continuerò ad imparare”. In effetti, il ricercatore italiano non si può di certo definire un membro passivo della comunità. Anzi tra una laurea in Scienze Motorie e una specializzazione in Scienza dello Sport, Enrico ha portato la sua scienza nei centri sportivi.  Sì, perché il primo amore di Rejc è stato proprio lo sport: dalla pallacanestro al calcio fino alla pallavolo. Ed è proprio al volley che ha dedicato la sua conoscenza offrendo consulenze scientifiche a squadre di serie A. “Il mio compito – spiega il ricercatore – è quello di ‘fotografare’ gli atleti, sfruttando anche strumenti d’avanguardia, per trovarne i punti deboli e i punti forti. In base ai risultati dei test a cui vengono sottoposti si possono disegnare ‘allenamenti’ su misura per ogni atleta, prevenendo gli infortuni e migliorando le prestazioni”.

Gli interessi scientifici di Rejc sono davvero molto vasti. “Da un lato mi piace esplorare le prospettive di cura – dice – per i pazienti che hanno difficoltà motorie. Oltre ad aver partecipato al progetto americano, nel 2004 ho svolto a Manchester alcune ricerche sul controllo muscolare nelle persone anziane, quelle più esposte al rischio cadute. Dall’altro lato ho ancora una forte passione per lo sport, su cui ho focalizzato i miei studi”.

Certo, è una sfida stimolante quella di ritornare negli Stati Uniti e inseguire lo stesso sogno di Dane Reeve, l’attore che diede il volto a Superman, e che fino al 2004, l’anno in cui morì, lottò con tutte le sue forze per superare la paralisi che lo colpì nel ’95 dopo una caduta da cavallo.

L’associazioneche porta il nome dell’attore ha sostenuto e sostiene ancora attivamente gli studi sulla stimolazione elettrica del midollo spinale. “Ma poterlo fare nel mio paese – dice Rejc – mi riempirebbe d’orgoglio”. Conclude ironicamente: “e poi dopo il lavoro a me piace girare in moto e con il traffico delle metropoli americane è impossibile guidare con tranquillità”.

di Valentina Arcovio – Pianeta Scienza

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