Politica

Dal referendum alla democrazia diretta

Sarebbe certamente riduttivo interpretare la splendida vittoria del popolo italiano con la partecipazione ai referendum solo come l’ennesima sberla a Berlusconi, che pure indubbiamente c’è stata. Va infatti messa in luce, per intanto, la chiara scelta effettuata sui contenuti dei quattro quesiti proposti, che vanno ben al di là, almeno i primi tre, della sacrosanta saturazione del popolo italiano nei confronti dell’augusto bunga bunga.

Infatti riaffermando la necessità della pubblicità dell’acqua e il rifiuto del nucleare, il popolo sovrano ha detto a chiare lettere che non crede nelle favolette che hanno raccontato a noi e all’umanità intera in questi ultimi decenni, secondo le quali i privati gestiscono le cose meglio dello Stato e bisogna delegare ai cosiddetti scienziati la soluzione di questioni importanti per la vita di ciascuno di noi, le future generazioni e la sopravvivenza stessa dell’umanità.

C’è poi un altro aspetto di carattere ancora più generale, che va sottolineato, è cioè il fatto stesso che sia il popolo a pronunciarsi esercitando un fondamentale diritto e facendo funzionare un basilare istituto di democrazia diretta, il referendum, che va potenziato, riducendo il numero di firme necessarie per promuoverlo e abolendo l’insensato quorum funzionale del 50% più uno dei partecipanti.

Ben può dirsi che questa meravigliosa primavera referendaria italiana si inserisca nel quadro della sollevazione mediterranea e oggi anche europea dei giovani e della società tutta contro i misfatti della partitocrazia corrotta asservita al grande capitale finanzario. Vanno riprese e rilanciate parole d’ordine come quelle espresse dagli indignados di Madrid, così riassunte dal grande teorico della democrazia della rete, Manuel Castells, su Internazionale della settimana scorsa: “Eliminazione dei privilegi dei politici; misure contro la disoccupazione, tra cui il no all’aumento dell’età pensionabile fino a quando c’è disoccupazione giovanile; diritto alla casa, ed esproprio di tutte le case invendute da mettere sul mercato con un regime di affitto a prezzi calmierati; servizi pubblici di qualità, con l’eliminazione delle spese inutili dell’amministrazione, assunzione di medici e docenti, trasporti pubblici economici ed ecologici; controllo delle banche; riforma fiscale, con l’aumento delle tasse per le grandi fortune e le banche, e il controllo dell’evasione e dei movimenti di capitale; diritti civili e democrazia partecipativa, a cominciare dalle leggi che frenano la libertà su Internet; protezione della libertà d’informazione e del giornalismo d’inchiesta; modifica della legge elettorale, prevedendo la rappresentanza del voto nullo o in bianco; indipendenza della magistratura, democrazia interna nei partiti, riduzione delle spese militari”.

A ciò deve aggiungersi l’esercizio della sovranità delle comunità locali sull’ambiente e sul territorio, da questioni apparentemente banali, come gli inutili parcheggi sotterranei che una congiura bipartisan a favore della speculazione sta imponendo al popolo romano (vedi i Comitati Flaminio e il Comitato viale Leonardo da Vinci) e di altre città, a questioni di più grande rilievo come l’alta velocità in Valle Susa, le pestilenziali discariche e i micidiali inceneritori dei rifiuti, o anche le basi militari.

Come scrivevo nel mio saggio La democrazia in crisi: un problema globale, contenuto nel volume Crisi della democrazia e crisi dei partiti in Italia e nel mondo, “se è vero che la democrazia non si esaurisce in un unico atto compiuto ogni cinque anni, nel chiuso dell’urna, ma deve essere praticata ogni giorno, occorre ritemprare le assemblee rappresentative con il fuoco della democrazia diretta e della mobilitazione dei cittadini sulle tematiche di loro immediato interesse”.

Certamente, questo dei referendum è un ottimo inizio, ma non è che l’inizio….