Alcuni magistrati erano intenzionati a chiederne il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma dai vertici della procura di Catania arriva la decisione di avocare il fascicolo. "L'ipotesi di reato non avrebbe retto", si riferisce. E' come nel caso Mannino, spiegano: perché ci sia reale aiuto alle cosche non basta fare un patto, bisogna provarne i risultati
Si va verso l’archiviazione dell’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per Raffaele Lombardo, presidente della regione Sicilia. La decisione della procura di Catania si basa su “una valutazione esclusivamente e meramente giuridica”, sottolineano dagli ambienti giudiziari. Nello specifico, si tratta di un precedente discusso: la vicenda di Calogero Mannino, parlamentare siciliano della Dc, poi passato all’Udc, accusato di concorso esterno e assolto in Cassazione. Una sentenza di gennaio 2010 che ha portato oggi il procuratore capo facenti funzioni di Catania, Michelangelo Patanè, e il coordinatore del gruppo, l’aggiunto Carmelo Zuccaro, a decidere di stralciare la posizione del governatore e di suo fratello Angelo, parlamentare nazionale Mpa, dal fascicolo. I due magistrati hanno deciso di coordinare direttamente l’inchiesta, avocandola ai quattro sostituti che avevano invece sollecitato la richiesta di rinvio a giudizio di 52 persone, compresi i fratelli Lombardo, nell’ambito dell’inchiesta Iblis riguardo a presunti rapporti tra esponenti di Cosa Nostra, politici e imprenditori. “L’ipotesi di reato non avrebbe retto in sede di giudizio”, fanno sapere dalla procura.
Sul concorso esterno all’associazione mafiosa, precisano le fonti, “fa giurisprudenza la sentenza di assoluzione della Cassazione nei confronti di Calogero Mannino”. Testo in cui si spiega che “la promessa e l’impegno del politico di attivarsi, una volta eletto, a favore della cosca mafiosa” realizza effettivamente il reato solo nel caso in cui si provi che questo “patto elettorale politico-mafioso abbia prodotto risultati positivi, qualificabili in termini di reale rafforzamento o consolidamento dell’associazione mafiosa”. Non è possibile, per i giudici, condannare qualcuno per un “contributo al rafforzamento dell’associazione mafiosa in chiave psicologica”. Il sostegno politico, secondo la Cassazione, non darebbe insomma automatico credito all’organizzazione criminale e prestigio ai suoi capi. Bisogna prima vedere se questo sodalizio produca effettivamente dei vantaggi per l’economia criminale. E lo stesso, secondo la procura etnea, vale per Raffaele Lombardo.
Per l’accusa, il governatore – attraverso altre persone tra le quali suo fratello Angelo – avrebbe “sollecitato Cosa nostra catanese a reperire voti per loro, e per i partiti in cui militavano durante competizioni elettorali ingenerando nella mafia la convinzione che loro fossero a disposizione per assecondare le esigenze della cosca Santapaola nel controllo di appalti, attività economiche, concessioni e servizi pubblici”. “Un cornuto che non ce n’è” lo definiscono alcuni presunti boss nelle ‘intercettazioni depositate agli atti. Come Carmelo Di Dio che, in una conversazione con un amico, racconta di una volta in cui il presidente e il fratello Angelo sarebbero andati a trovarlo alla vigilia di una competizione elettorale, nonostante lui fosse un sorvegliato speciale. Nella chiacchierata, i due interlocutori lamentano che il governatore dopo l’elezione è diventato “inavvicinabile”. Per questo godrebbe ormai di poche simpatie all’interno dei clan che sperano venga “sfiduciato e mandato a casa” dall’assemblea regionale. Una critica che arriva anche da un altro esponente mafioso, il boss Enzo Aiello che, parlando con Giovanni Barbagallo, il geologo ritenuto il collegamento tra mafia e politica, dice: “Un messaggio a Raffaele Lombardo gli si deve fare arrivare…”. “Non solo – aggiunge – non scordatevelo, gli ho dato i soldi nostri! Del Pigno… glieli ho dati per la campagna elettorale…”.
I legali del presidente ricordano però come “le capillari investigazioni svolte in questi anni non hanno registrato alcun contatto telefonico, personale o di altro genere con soggetti appartenenti a Cosa Nostra né alcuna iniziativa del nostro assistito volta ad agevolare o, in qualche modo, favorire interessi illeciti”. Lo stesso governatore, durante un’animata assemblea regionale di aprile 2010, aveva sostenuto di essere vittima di “uno stillicidio di insulti ispirato da un tavolo trasversale ai partiti per far cadere il Governo e la legislatura con mezzi politici, o mediatico e giudiziari o anche fisicamente”. Secondo Lombardo, la “campagna contro” di lui sarebbe partita per la “riforma della Sanità e per avere bloccato appalti per i rifiuti in cui aveva interesse la mafia”. Tra gli indagati ci sono anche il deputato regionale del Pid ed ex sindaco di Palagonia, Fausto Fagone, che si è dimesso nelle scorse settimane dall’incarico; il consigliere della Provincia di Catania dell’Udc, ma prossimo a passare al Pid, Antonino Sangiorgi; l’ex assessore del Comune di Ramacca, Giuseppe Tomasello; il consigliere dello stesso ente, Francesco Ilardi e il deputato regionale ex Pdl Sicilia e adesso Gruppo misto, Giovanni Cristaudo.