Tutto scorre. E tutto cambia. Dopo la svolta di Milano e Napoli, il segnale che arriva oggi dalle urne è – piacevolmente – devastante: una bomba nel Paese che ci hanno raccontato fino a oggi le tv.
Al referendum sono andati a votare il 57,1% degli italiani, in numeri assoluti sono 28 milioni di cittadini (precisamente 26’857’452). Una cifra sbalorditiva: alle politiche del 2008 Berlusconi stravinse raccogliendo in tutto 17 milioni di voti (13.629.464 per il Pdl; 3 milioni per la Lega Nord; 400 mila per Mpa e Alleanza per il Sud); il Pd fu votato da 12 milioni di elettori e l’Italia dei Valori da un milione e mezzo.
La differenza di questi numeri rispetto al referendum è presto spiegata: la Casa delle Libertà vinse sì con il 45,1 per cento dei voti validi, ma era il 45% del 77% del totale: una minoranza molto lontana da 29 milioni che ieri sono andati alle urne.
I voti del referendum sono invece uno tsunami. I leader politici pro-voto si sono spesi in questi giorni (per scaramanzia e necessità di parlare a tutti) dicendo che quello del referendum non era un voto politico. Ma oggi appare ovvio che non è così: gli italiani, votando, hanno espresso diffidenza, se non aperta ostilità, nei confronti del governo.
Dopo 17 anni di berlusconismo, l’incantesimo che ha tenuto un paese sotto scacco con il randello della propaganda, non regge più. C’è Internet, oggi, che non è strumento di nicchia, ma spazio di massa che convoglia creatività, ansia di partecipazione, Politica, ironia e voglia di mettersi in gioco, di cittadini, blogger e, ultimamente, di protagonisti del mondo della cultura e dello spettacolo.
C’è un mondo andato avanti in questi 17 anni. Ce ne siamo accorti tutti, anche se Fede e Minzolini non ne hanno mai parlato: l’economia ad ogni latitudine cresce con l’innovazione mentre – checchè ne dica Brunetta -, il governo italiano dice ai giovani che non conta la formazione, ma la disponibilità ad accettare qualsiasi lavoro; cittadini di tutto il mondo – checchè ne dica la legge Bossi-Fini -, migrano e lavorano a gomito a gomito con molti di noi, i loro figli studiano e crescono con i bimbi italiani; il Kebab – checchè ne dica la Lega – è un’ottima alternativa alla pizza; la battaglia per i diritti degli omosessuali – checchè ne dica Giovanardi –, non è una fuga in avanti, ma una richiesta di buon senso: lo dice Lady Gaga e lo pensa la maggior parte degli italiani.
Se la politica è ferma da troppo, nel Paese c’è ansia di occasioni, di sviluppo, di qualità della vita, di rispetto, di cultura, di informazione.
Ieri sera, Carlo Freccero, ospite di Luca Telese e Luisella Costamagna su La7, ha ripetuto più volte questo concetto: “Todo cambia”, come recita il brano di Mercedes Sosa scelto da Nanni Moretti in Habemus Papam. Todo Cambia, ribadiva Freccero parlando di televisione, di Internet, di informazione, del nostro Paese: “Ho già registrato alla Siae questo titolo per un programma tv” si è lasciato sfuggire.
Non vediamo l’ora di vedere il programma di Freccero, ma oggi quella musica dice molto di più: è la migliore colonna sonora possibile per salutare Berlusconi e il passato che rappresenta, e incamminarci insieme verso il futuro che ci è stato negato per troppo a lungo.