Renato Brunetta è un piccolo uomo. E questo fatto non ha niente a che vedere con la sua statura fisica. Invitare sul palco di un convengo una ragazza, che vuole porre con educazione una domanda, e andarsene dicendo “voi siete l’Italia peggiore” non appena lei spiega di essere una lavoratrice della “Rete Precari”, dimostra non solo che il ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione è un prepotente maleducato. Ci dice pure tutto sull’assoluta inadeguatezza rispetto al ruolo che ricopre.

In tre anni anni di governo l’unica innovazione per cui Brunetta è stato in grado di farsi notare, è stata quella dell’insulto e della parolaccia. Ha definito “elite di merda” quella parte dell’opposizione che non gli piaceva augurandole di “andare a morire ammazzata”. Ha chiamato “panzoni” gli agenti di polizia che lavorano negli uffici e “fannulloni” i dipendenti del suo ministero. Ha fatto così parlare di sé giornali e televisioni. Ha suscitato dibattiti e polemiche. Ma alla resa dei conti non è stato in grado d’introdurre nessun cambiamento di rilievo in favore dei cittadini. L’Italia, ci ha raccontato un rapporto della Commissione Europea, è ancora agli ultimi posti per l’accesso digitale agli uffici pubblici. I dati da lui strombazzati sulla straordinaria diminuzione dell’assenteismo nelle pubbliche amministrazioni, si sono dimostrati quantomeno gonfiati alla luce di quelli della Ragioneria Generale.

Brunetta come ministro è, insomma, un fallito. E da ieri, con la sua codarda e precipitosa fuga, ha pure cominciato a diventarlo come uomo.

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