Le misure cautelari sono state predisposte anche per Luigi Minischetti, presidente del Banco di Lucca, e per Cesare Pambianchi, presidente di Confcommercio Roma. Secondo gli inquirenti quest'ultimo era al vertice di un'associazione a delinquere che consentiva alle imprese interessate di non pagare le imposte dovute al fisco, attraverso l'uso di prestanomi. Coinvolte oltre 700 società, tra cui il gruppo Conad, aderente alla Lega delle Cooperative
Avevano creato un efficiente sistema per consentire alle aziende di evadere il fisco. Al centro del meccanismo, secondo gli inquirenti, c’era lo studio commercialistico di cui sono soci Cesare Pambianchi, presidente della Confcommercio di Roma, e Carlo Mazzieri, arrestati questa mattina insieme ad altre 43 persone. Coinvolte oltre 700 società, aventi in tutto debiti erariali per più di 550 milioni di euro. Molte di queste, pur essendo in stato pre fallimentare, riuscivano ad evitare il fallimento in Italia grazie al trasferimento all’estero che veniva predisposto dai commercialisti per mezzo di prestanome e altre società fittizie. Il giudice per le indagini preliminari di Roma, Giovanni De Donato, su richiesta del procuratore aggiunto Nello Rossi e dei pm Francesco Ciardi, Maria Francesca Loi e Maria Calabretta, ha predisposto le misure cautelari anche per Silvano Ferrini e Ugo Baldi, rispettivamente presidente e amministratore delegato del gruppo Conad del Tirreno, la cooperativa per la grande distribuzione.
Agli arrestati, 15 in carcere e gli altri ai domiciliari, sono contestati, a seconda delle posizioni, l’associazione per delinquere, la bancarotta fraudolenta, riciclaggio e la violazione della legge in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Oltre a Pambianchi, Mazzieri, e ai dirigenti di Conad, le misure hanno riguardato anche Luigi Minischetti, presidente del Banco di Lucca. I magistrati hanno predisposto il sequestro di beni per 85 milioni di euro, tra cui immobili, due yacht e 60 autovetture. L’inchiesta della magistratura romana ha fatto luce sul fenomeno delle società in stato comatoso che, trasferite in Inghilterra o in Bulgaria con il loro carico di debiti, dopo un anno non possono più fallire in Italia (perché cancellate dal registro delle imprese), consentendo così ai loro titolari di evitare il processo per bancarotta fraudolenta.
Le finalità dell’organizzazione – Lo studio commercialistico di Pambianchi e Mazzieri perseguiva, secondo i magistrati, la finalità di fornire a vari gruppi imprenditoriali un ventaglio di soluzioni fraudolente inquadrabili, seppur in maniera flessibile, in aree di intervento come la sottrazione fraudolenta dal pagamento dei ruoli esattoriale attraverso distrazione di beni, l’autofinanziamento attraverso operazioni di leasing e il riciclaggio e reimpiego di bene e denaro. Uno dei meccanismi messi in atto dall’organizzazione consentiva ai gruppi imprenditoriali clienti di non adempiere agli obblighi fiscali senza essere portate al fallimento: i beni delle società indebitate con il fisco venivano trasferiti a società di nuova costituzione che proseguivano l’attività, mentre quelle “svuotate” a cui rimaneva in carico il debito venivano formalmente trasferite all’estero.
I tre livelli – Secondo gli inquirenti, l’organizzazione operava su tre distinti livelli. Al primo ci sono Pambianchi e Mazzieri, considerati “ideatori e realizzatori diretti e indiretti di soluzioni fraudolente personalizzate in favore dei gruppi imprenditoriali”. Al secondo livello vengono collocati diversi personaggi che fanno capo ai due commercialisti. A loro, secondo gli investigatori, venivano demandate funzioni essenziali per l’organizzazione e indispensabili per il suo funzionamento. Tra i compiti, ha spiegato il colonnello della Gdf Pietro Biondi, la preparazione di progetti fraudolenti di ristrutturazione aziendale, trasferimento fittizio delle società all’estero, la nomina di vari prestanome italiani e stranieri, la gestione di conti correnti, il trasferimento di capitali all’estero con l’impiego di cittadini bulgari che offrivano i loro servigi e prevedevano l’iscrizione delle società trasferite all’estero nei registri delle imprese della Bulgaria. Quanto al terzo livello, sarebbe composto da numerosi personaggi a libro paga dello studio commercialistico che avrebbero svolto una serie di compiti come assumere fittiziamente la carica di rappresentanti legali delle società o assumere l’intestazione delle quote di società clienti dello studio o di società di cui lo studio è direttamente titolare.
I gruppi coinvolti – Secondo la ricostruzione della Guardia di finanza allo studio dei commercialisti Pambianchi e Mazzieri si erano rivolti diversi gruppi imprenditoriali che avevano diversi obiettivi: gruppi Vichi, Di Veroli e Visa (non l’omonima carta di credito) per sottrarsi in modo fraudolento dal pagamento delle imposte; gruppi Francisci, Conad, Mangione per realizzare l’illecito autofinanziamento mediante operazioni di leasing; il gruppo Gelfusa, che secondo gli investigatori, era interessato alla sottrazione dal pagamento delle imposte e all’illecito autofinanziamento.
I guadagni in nero – In totale il denaro in nero ricevuto da Pambianchi e Mazzieri per i loro servizi ai ‘clienti’ potrebbe superare i dodici milioni di euro. Oltre agli 8 milioni incassati dal gruppo Conad, Pambianchi e il contitolare dello studio avrebbero ottenuto pagamenti non denunciati anche dai gruppi Vichi, Di Veroli e Visa. Per la consulenza offerta al gruppo Vichi, secondo quanto affermano gli inquirenti, Mazzieri e Pambianchi avrebbero “percepito un illecito compenso in nero pari almeno a 1,2 milioni di euro”. Per Di Veroli lo studio di commercialisti incassa “quale provvigione non dichiarata l’intestazione di un immobile di un milione di euro”, mentre per Visa “l’illecito pagamento per lo studio è pari a 150 mila euro”. Infine anche per il Gruppo Francisci i commercialisti ottengono una consulenza pagata, sempre in nero, per circa 2,3 milioni di euro.
Il presidente della Confcommercio di Roma – Cesare Pambianchi comincia il suo percorso professionale negli anni ’70 occupandosi delle imprese alberghiere di famiglia. Figlio dell’allora presidente dell’associazione Albergatori della Puglia, avvia negli anni ’80 un’altra serie di attività imprenditoriali nel settore immobiliare e turistico a Roma, e nel 1996 comincia ad interessarsi anche al settore sportivo. Parallelamente all’attività imprenditoriale, sempre negli anni ’80, decide di svolgere anche consulenze aziendali come commercialista e avvia nel quartiere Parioli l’omonimo studio di commercialisti insieme al suo socio Carlo Mazzieri, arrestato anche lui questa mattina nell’ambito della stessa inchiesta. Dal 2001 Pambianchi è presidente della Confcommercio di Roma e, dal 2004, anche della Confcommercio del Lazio. Nella capitale è anche componente del consiglio della Camera di Commercio.