Che il Pd si è accodato dopo, che prima, per molti mesi, ha condannato il referendum, che poi lo ha ignorato sperando sotto sotto che fallisse per ridimensionare le ambizioni di Di Pietro e Idv. Che solo alla fine, forse un po’ per opportunismo, è salito sul carro di un vincitore annunciato, ma fuori tempo massimo per poterne condividere gli allori. Fausto Raciti, il segretario nazionale dei Giovani democratici, se la ride quando oggi qualcuno prova a dire che il suo partito non è stato tra i protagonisti della consultazione popolare che ha spazzato via nucleare, legittimo impedimento e privatizzazione dell’acqua.
I Giovani del Pd, spiega, hanno fatto campagna per il referendum quando ancora non ci credeva nessuno. Quando a raccogliere le firme per l’acqua pubblica con i banchetti c’erano solo loro e i comitati promotori. “Noi come organizzazione giovanile abbiamo aderito fin da subito – spiega – con un ordine del giorno votato in direzione nazionale a maggio 2010. E’ stato un primo passo importante per rispondere alle tante sollecitazioni che arrivavano dai nostri iscritti”. Centinaia di circoli in tutta Italia si sono messi in moto prima per raggiungere le sottoscrizioni e poi per promuovere i quesiti. “Soprattutto la privatizzazione dell’acqua era un tema che intercettava molte preoccupazioni e il risultato si è visto nei numeri della partecipazione alle urne”.
Bersani però ha aderito alla campagna solo in un secondo momento. “Infatti nessuno vuole metterci il cappello sopra – precisa – perché il compito principale di un partito non è indire referendum. Quella di ieri è stata la vittoria di una realtà larga che non è riconducibile a nessuna sigla partitica, ma all’interno delle forze trainanti c’è stato sicuramente anche il contributo dei democratici”.
Ieri la prima cosa che Bersani ha fatto in conferenza stampa è stato ringraziare gli attivisti dei comitati. Poi ha chiesto a Berlusconi di andare al Colle e dimettersi. “Il risultato del referendum non è stato solo una sconfitta di Berlusconi, ma anche del berlusconismo – commenta il numero uno dei Gd – Non perché lui ha detto di andare al mare e di astenersi, ma perché sono stati abrogati quattro pilastri della politica del centrodestra di questi anni”. Per la prima volta, secondo Raciti, si è registrato un calo di consensi nei confronti dell’idea che il privato è più efficiente, costa di meno e quindi è più conveniente rispetto al pubblico. “Ovviamente non siamo nella prospettiva di statalizzare tutto, ma dal voto è arrivato un messaggio di discontinuità forte”.