Acque nere e scarti di lavorazione riversati nelle reti fognarie di diversi comuni, tra i più inquinati d'Italia. Sequestrati quattro milioni di euro di beni e quarantuno tonnellate di rifiuti speciali
L’11 giugno 2008 un camion di una ditta di trasporto di rifiuti speciali facente capo alla famiglia Barchetti, sedi operative tra Caivano ed Afragola, sgattaiola sui tornanti che portano a Trecase, nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio, polmone verde della provincia di Napoli. Il camion si ferma. Un signore scende e apre la valvola dell’autocisterna. Il rifiuto liquido, nero e schifoso, viene gettato direttamente nei campi, adibiti a discarica abusiva, ed insozza un’area di circa 3000 metri quadrati.
Due anni dopo, il 9 aprile 2010, la storia si replica. Solo che stavolta la cisterna piena di rifiuto liquido viene svuotata direttamente in un tombino della fogna comunale di Frattamaggiore. Il comando provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, agli ordini del colonnello Gabriele Failla, documenta diversi casi simili negli ultimi anni. A farne le spese, le reti fognarie di Castelvolturno (Caserta), Giugliano, Cardito, Afragola. Il Triangolo delle Bermude del territorio più inquinato d’Italia.
Vicende e numeri da raccapriccio nell’Operazione Veleno, l’ennesima inchiesta della Procura di Napoli sullo scempio ecologico e sul traffico illecito di rifiuti pericolosi e non nella provincia partenopea. Si calcola che negli ultimi anni siano state ‘smaltite’ in questo modo, nelle fogne e nelle campagne del napoletano, oltre centomila tonnellate di acque nere e di residui della lavorazione del vetro raccolte da condomini e piccole imprese artigianali. Sette gli arresti in carcere per cinque esponenti della famiglia Barchetti e due loro stretti collaboratori, disposti dalla sezione dell’ufficio del Gip presieduta da Bruno D’Urso (in materia di rifiuti decide un collegio di tre magistrati), su richiesta dei pm Maria Cristina Ribera e Lucia Esposito. Sessantasette le persone indagate. Quarantuno le tonnellate di rifiuti speciali sigillati dai finanzieri. Quattro milioni di euro di beni sequestrati, insieme a nove automezzi utilizzati per il trasporto e all’area di Trecase adibita a discarica. Ma il profitto stimato sarebbe di oltre dieci milioni di euro. Le ditte dei Barchetti si facevano pagare le tariffe dello smaltimento speciale. Per poi gettare tutto dove capitava e senza alcuna precauzione, violando ogni procedura burocratica e ricorrendo a formulari fasulli o assenti.
Nel corso dell’inchiesta la Procura ha chiesto e ottenuto di mettere sotto controllo 21 utenze telefoniche. I brogliacci delle conversazioni intercettate testimoniano che in qualche caso dietro l’inquinamento del napoletano c’è anche l’incosciente complicità di semplici cittadini. Che pur di risparmiare quattro spiccioli non esitano a incoraggiare pratiche criminali. Ne è prova un colloquio captato sul cellulare di uno degli arrestati, Michele Barchetti. Il 18 gennaio 2008 un cliente, tale F. D. L., chiede l’effettuazione di un espurgo e si informa sul costo. Alla richiesta di 120 euro il cliente sollecita uno sconto. Quando Barchetti spiega che i costi dipendono da “dove vanno a scaricare”, il cliente lo interrompe “e dice che se viene di sera oppure la mattina presto può scaricarlo direttamente nella fogna la quale si trova nello stesso vico”. Affare concluso a 80 euro con F. D. L. che si sfrega le mani per i 40 euro in meno: “Va bene – conclude il cliente – tanto qua possiamo fare quello che vogliamo, stiamo tranquilli”.