Visitai la Turchia per la prima volta nel 1994, per assistere al processo contro i deputati del partito filokurdo Dep, che si tenne ad agosto ad Ankara. Al ritorno mi fermai un giorno ad Istanbul, che non conoscevo, e i servizi segreti mi frugarono nel safe e mi fotografarono all’uscita dell’albergo. E’ un Paese bellissimo, ma non ci sono mai stato da turista, anche se ovviamente fra un convegno, un processo e una manifestazione, si trovava sempre il tempo per qualche attività più ricreativa e per conoscerne le bellezze naturali e artistiche e la gente cordiale e ospitale.
Ci tornai in un’altra occasione memorabile, per la celebrazione del Newroz , il Capodanno kurdo, a Diyarbakir (che i kurdi chiamano Amet), nel marzo 1998, quando fu arrestato Dino Frisullo, attivista instancabile per i diritti degli immigrati e dei popoli, che faceva parte con me ed altri della delegazione italiana, mentre tentava di opporsi al pestaggio di alcuni bambini da parte della polizia antisommossa. Dino, figura nobile e generosa, della quale vorrei occuparmi prossimamente su questo blog, stette in carcere per alcuni mesi e venne poi rilasciato.
Verso la fine dello stesso anno arrivò esule in Italia Abdullah Ocalan, il leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan. Lo andai a trovare nella sua residenza obbligata dell’Infernetto, nei pressi di Roma, in compagnia del presidente dell’Unione forense dei diritti umani, avvocato Mario Lana, e di un simpatico componente della redazione esteri del Giornale di cui non ricordo il nome. Entrando nella stanza dove Ocalan stava guardando un’enorme manifestazione kurda in Germania, trasmessa in diretta dall’emittente Med Tv, la mia attenzione fu catturata dal teleschermo e per qualche istante trascurai di salutarlo. Lui mi rivolse un sorriso disarmante e mi disse: “Hai ragione. E’ il popolo il vero protagonista”.
Com’è noto, Ocalan dovette di lì a poco abbandonare l’Italia per effetto delle pressioni turche, cui il governo italiano non seppe resistere, e successivamente fu arrestato in Kenia dove l’aveva raggiunto in extremis, ma senza risultati, Giuliano Pisapia, che allora insieme a Luigi Saraceni era il suo avvocato di fiducia. Da allora Ocalan è confinato nell’isola di Imrali, in perfetta solitudine. Da lì giungono ogni tanto notizie inquietanti sulla sua salute, ma continua a scrivere importanti opere sul tema del futuro della Turchia.
La Turchia è stata importante anche per la nostra Associazione dei giuristi democratici: un viaggio dell’aprile del 2000, nel corso del quale partecipammo a importanti incontri e convegni con i colleghi turchi e kurdi a Istanbul, Ankara e Diyarbakir, costituì infatti una delle prime attività dell’Associazione.
Il modello islamico moderato dell’attuale premier Erdogan presenta certamente aspetti interessanti, come pure appare positiva la crescita economica del Paese. Ma il problema del conflitto con il popolo kurdo rimane aperto e va risolto secondo i principi del federalismo, dell’autogoverno locale e della società multiculturale. Ho svolto un’analisi del tema in vari articoli pubblicati a suo tempo dalle riviste Affari esteri, Giano. Pace, ambiente e problemi globali e Diritti dell’uomo, cronache e battaglie. Oltre alla possibilità di dare attuazione al diritto di autodeterminazione del popolo kurdo salvaguardando l’unità nazionale della Turchia, idea accettata in seguito dallo stesso Ocalan e dal suo partito, evocavo quella di una macroregione kurda transnazionale a cavallo fra Turchia, Iran, Iraq e Siria, come tessuto connettivo di un’unione regionale in quella parte del globo. Mi sembra si tratti di un’idea oggi più che mai attuale.
L’avvenire della Turchia è legato all’avvento di una vera e propria società multiculturale: da questo punto di vista, nonostante il perdurare del conflitto e della repressione, lascia ben sperare il buon risultato della lista elettorale che raccoglieva esponenti kurdi e di varie minoranze etniche (assiri, lazi, ecc.). Come in un gioco di scatole cinesi, il futuro dell’Europa come entità multiculturale aperta al dialogo con il mondo circostante può a sua volta essere positivamente influenzato da un rapporto sempre più stretto con una Repubblica turca federale e democratica, dove i kurdi, come pure le altre minoranze etniche, possano godere finalmente di tutti i diritti finora loro negati. E dove Abdullah Ocalan possa contribuire, da uomo libero, alla costruzione di una nuova società di liberi ed eguali.