“Ma dove trovo i soldi se i giudici mi condanneranno?”. Silvio Berlusconi è così preoccupato per la sentenza sul lodo Mondadori, attesa a luglio, da sfogarsi con un gruppo di ex compagni di scuola. La conversazione, riferita da alcuni partecipanti, è avvenuta oggi sul sagrato della Basilica di Sant’Ambrogio, a Milano, al termine dei funerali del senatore Romano Comincioli, amico del premier. “Se i giudici mi condanneranno – avrebbe aggiunto il presidente del Consiglio -, dovrò pagare un sacco di soldi a De Benedetti”. Per la precisione 750 milioni di euro, al momento. Secondo quanto è stato disposto in primo grado nel 2009 dal giudice Raimondo Mesiano è questa la cifra che la Fininvest deve risarcire alla Cir di Carlo De Benedetti per la ‘guerra di Segrate’, lo scontro tra i due gruppi per il controllo della Mondadori. Adesso Berlusconi attende il parere della Corte di Appello civile.

Ma intanto Fininvest si è messa le spalle al sicuro, rilasciando nei confronti di Cir una fideiussione di 806 milioni di euro, che spera di non dover utilizzare. I giudici si trovano in camera di consiglio dal 16 febbraio per stabilire se confermare, ritoccare o riformare il provvedimento di primo grado. Per la loro decisione si baseranno anche sulle conclusioni dei consulenti tecnici nominati dalla stessa Corte. Secondo i quali il danno subito dalla holding della famiglia De Benedetti esiste, ma è minore rispetto a quanto quantificato dal Tribunale. Berlusconi è comunque preoccupato dal procedimento. Che, più di altri, è secondo lui uno strumento con cui i suoi nemici politici puntano a farlo fuori. “E’ una rapina a mano armata”, ha dichiarato ad aprile il premier.

“Speriamo che giudichino secondo l’oggetto della sentenza e non secondo chi è amico e chi no”, ha riferito 15 giorni fa quando, dopo la sconfitta nei ballottaggi, ha ricevuto a Palazzo Grazioli la visita dei figli, tra cui la primogenita Marina, presidente di Fininvest e di Mondadori. Tutta la famiglia sembra essere preoccupata dalle ripercussioni sul patrimonio familiare di una possibile condanna. “Ne parliamo tutti i giorni – aveva confermato il premier – è una cosa che incombe”.

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