Eccomi di nuovo qui a parlare di sanità. Per prima cosa credo sia doveroso ringraziare tutti quelli che hanno letto il primo post o che hanno lasciato dei commenti. Li ho letti con attenzione e mi ha colpito il fatto che l’argomento sanità sia molto sentito, d’altra parte faccio il medico e tutti i giorni mi rendo conto che i parenti e i pazienti con cui mi interfaccio aspirano a un’assistenza sanitaria adeguata, anche se spesso questa aspettativa va delusa.
Ritengo però opportuno fare subito dei chiarimenti, perché alcuni commenti fatti dai lettori meritano un approfondimento.
- Vi devo delle scuse, lavoro in Ospedale e purtroppo il tempo per seguire il blog con costanza non lo ho. Faccio quello che posso.
- Questo blog nasce perché io ed altri operatori del settore abbiamo sentito la necessità di spiegare alcuni cambiamenti epocali che stanno avvenendo nella sanità pubblica. Il linguaggio potrà sembrare a volte un po’ tecnico, e di questo mi scuso in anticipo, ma aspetto le vostre considerazioni per tutti i chiarimenti di cui ci sarà bisogno.
- Il più grosso problema della sanità pubblica italiana, che io e non solo io, giudico nel complesso di buon livello, al momento attuale è il progressivo aumento delle differenze tra macroaree geografiche: per esempio la qualità dell’assistenza sanitaria in Calabria è troppo diversa da quella media in Lombardia, e questo gap prestazionale purtroppo sta aumentando. Circa un mese fa il Ministero della Salute ha pubblicato la pagella delle Regioni ed il quadro è desolante (anche se varrebbe la pena approfondire i criteri con cui sono stati dati i voti, ma ne parleremo prossimamente).
- Gli operatori sanitari sono nella stragrande maggioranza favorevoli alla sanità pubblica, che però deve migliorare le sue performance assistenziali. Il problema è come riuscirci.
- Potremmo far forse risalire l’inizio dei problemi della sanità italiana al 1978, anno in cui venne abbandonato il sistema mutualistico e fu introdotto con la legge n. 833 (la cosiddetta “Riforma Sanitaria”) il Sistema Sanitario Nazionale o SSN, ispirato al National Health Service britannico. Gli enti ospedalieri ed assistenziali che prima gestivano la sanità, lasciarono un enorme patrimonio immobiliare ed economico allo stato italiano e alle regioni. Questo patrimonio non è stato mai gestito in maniera adeguata, oppure è stato letteralmente saccheggiato da politici e amici degli amici (altro argomento che verrà trattato in un prossimo post).
Nel 1999 il SSN è stato sostituito e sono nati i Sistemi Sanitari Regionali.
Nel 2001 c’è stata la modifica dell’art V della Costituzione che ha regionalizzato la competenza legislativa in ambito sanitario, cioè ha reso autonome le regioni in campo di legislazione sanitaria. Questo processo ha determinato conseguenze fondamentali nella politica sanitaria: da quel momento in poi controllore e controllato sono lo stesso soggetto con conseguente crescita abnorme di clientelismo, soprattutto in quelle regioni che venivano da anni di gestione “allegra”. In altre realtà invece questo cambiamento ha contribuito a migliorare la qualità dell’assistenza, tanto da far nascere il concetto di regioni virtuose.
Sulla base di una legge del 2004, nel 2007 i politici hanno “realizzato” (forse un po’ tardi?) che i bilanci erano disastrati e sono partiti i piani di rientro dal disavanzo col fine di “ristabilire l’equilibrio economico-finanziario delle Regioni interessate”. I piani di rientro si basano su principi di risparmio e razionalizzazione della spesa associati alla riorganizzazione dei servizi socio-sanitari con l’ottica di garantire i livelli essenziali di assistenza. In realtà le regioni sottoposte al rientro possono intervenire solo tagliando posti letto e risistemando superficialmente il sistema. Inoltre il paradosso consiste nel fatto che le Regioni che hanno i bilanci più in rosso sono quelle che erogano prestazioni di qualità inferiore, ma sono anche quelle dove sono previsti i tagli, andando quindi a peggiorare una situazione già critica. Spese fuori controllo e bassa qualità vanno di pari passo, due facce della stessa medaglia.
Come spiegare ad un cittadino di una regione non virtuosa che probabilmente dovrà pagare più tasse per un aumento dell’Irpef o forse vedrà aumentare il ticket al pronto soccorso, ma sicuramente peggioreranno i servizi, perché in nome della razionalizzazione si chiuderanno ospedali e si taglieranno i posti letto per acuti. Andrà al pronto soccorso ed aspetterà giorni prima del ricovero, oppure penserà di poter fare un esame strumentale in tempi brevi ed invece dovrà attendere liste d’attesa di mesi, pur sapendo che il tempo è vitale. Chi spiegherà a quel cittadino che la colpa non è sua ma di una politica a dir poco dissennata?
Credo che soluzioni percorribili esistano. Vi aspetto al prossimo post.
Felice Occhigrossi
Medico, presidente Comitato Salviamo il San Giacomo
Diritti - 15 Giugno 2011
I cambiamenti epocali della (mala)sanità
Eccomi di nuovo qui a parlare di sanità. Per prima cosa credo sia doveroso ringraziare tutti quelli che hanno letto il primo post o che hanno lasciato dei commenti. Li ho letti con attenzione e mi ha colpito il fatto che l’argomento sanità sia molto sentito, d’altra parte faccio il medico e tutti i giorni mi rendo conto che i parenti e i pazienti con cui mi interfaccio aspirano a un’assistenza sanitaria adeguata, anche se spesso questa aspettativa va delusa.
Ritengo però opportuno fare subito dei chiarimenti, perché alcuni commenti fatti dai lettori meritano un approfondimento.
Nel 1999 il SSN è stato sostituito e sono nati i Sistemi Sanitari Regionali.
Nel 2001 c’è stata la modifica dell’art V della Costituzione che ha regionalizzato la competenza legislativa in ambito sanitario, cioè ha reso autonome le regioni in campo di legislazione sanitaria. Questo processo ha determinato conseguenze fondamentali nella politica sanitaria: da quel momento in poi controllore e controllato sono lo stesso soggetto con conseguente crescita abnorme di clientelismo, soprattutto in quelle regioni che venivano da anni di gestione “allegra”. In altre realtà invece questo cambiamento ha contribuito a migliorare la qualità dell’assistenza, tanto da far nascere il concetto di regioni virtuose.
Sulla base di una legge del 2004, nel 2007 i politici hanno “realizzato” (forse un po’ tardi?) che i bilanci erano disastrati e sono partiti i piani di rientro dal disavanzo col fine di “ristabilire l’equilibrio economico-finanziario delle Regioni interessate”. I piani di rientro si basano su principi di risparmio e razionalizzazione della spesa associati alla riorganizzazione dei servizi socio-sanitari con l’ottica di garantire i livelli essenziali di assistenza. In realtà le regioni sottoposte al rientro possono intervenire solo tagliando posti letto e risistemando superficialmente il sistema. Inoltre il paradosso consiste nel fatto che le Regioni che hanno i bilanci più in rosso sono quelle che erogano prestazioni di qualità inferiore, ma sono anche quelle dove sono previsti i tagli, andando quindi a peggiorare una situazione già critica. Spese fuori controllo e bassa qualità vanno di pari passo, due facce della stessa medaglia.
Come spiegare ad un cittadino di una regione non virtuosa che probabilmente dovrà pagare più tasse per un aumento dell’Irpef o forse vedrà aumentare il ticket al pronto soccorso, ma sicuramente peggioreranno i servizi, perché in nome della razionalizzazione si chiuderanno ospedali e si taglieranno i posti letto per acuti. Andrà al pronto soccorso ed aspetterà giorni prima del ricovero, oppure penserà di poter fare un esame strumentale in tempi brevi ed invece dovrà attendere liste d’attesa di mesi, pur sapendo che il tempo è vitale. Chi spiegherà a quel cittadino che la colpa non è sua ma di una politica a dir poco dissennata?
Credo che soluzioni percorribili esistano. Vi aspetto al prossimo post.
Articolo Precedente
Cittadinanzattiva: “Tagli per 1,5 miliardi
Assistenza sanitaria a rischio”
Articolo Successivo
Pride a Milano, il Comune
dà il patrocinio. Ed è subito polemica
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Israele rompe la tregua e attacca Hamas: “Oltre 400 morti, pure il premier di Gaza”. I parenti degli ostaggi contro Netanyahu: “Fermi l’uccisione dei nostri cari”
Cronaca
La lettera del Papa dall’ospedale: “Dobbiamo disarmare le parole per disarmare le menti e la Terra”
Mondo
Telefonata Trump-Putin tra le 14 e le 16. Kiev: “Mosca ora accetti la tregua senza condizioni”. Tasse e debito: corsa al riarmo dell’Est Europa
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Sostenere una risposta europea ed unitaria alle politiche dei dazi dell’amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, rilanciando anche l’iniziativa multilaterale per l’introduzione della Global Minimum Tax". E' quanto chiede il Pd al governo nella risoluzione sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo, nella risoluzione presentata sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni, di "collocare l’Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento, esprimendo la chiara volontà politica di andare avanti nel percorso di realizzazione di un’unione della difesa, anche partendo da forme di cooperazione rafforzata o integrazione differenziata tra Stati membri".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Promuovere, nell’attuazione del Libro bianco sulla difesa europea, tutti gli strumenti che puntano a una governance democratica chiara del settore, agli investimenti comuni necessari per realizzare l’autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all’integrazione della capacità industriali europee e dei comandi militari, all’interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.