Dopo mesi di silenzi sul futuro dello stabilimento, oggi la dirigenza tace anche sul premio di risultato. E i lavoratori rispondono con lo sciopero. Succede allo stabilimento Maserati, 700 dipendenti e la prospettiva – come ha detto l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne, che controlla la storica casa automobilista – che non produca più auto di lusso solo ed esclusivamente a Modena. Parole che, visto la carenza di modelli e una produzione limitata, si traducono in tagli.
Ieri e martedì gli operai hanno dato vita ad un’ora di sciopero articolato per le linee produttive che è arrivato a toccare punte del 95% di adesione in alcuni reparti dello stabilimento.
“Motivazione della lotta – dicono i sindacalisti – sono le mancate risposte della direzione Maserati sul piano industriale dello stabilimento modenese e sul saldo del premio di risultato 2010 che dovrebbe essere erogato nel mese di luglio. Il 10 maggio è stata presentata dalle organizzazioni sindacali una richiesta scritta per un confronto sul premio, ma a oggi non è arrivata nessuna risposta”.
Il premio di risultato per un operaio significherebbe percepire una somma all’incirca pari a uno stipendio, ma il malcontento ha origini ben più lontane.
Tutto inizia quando l’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne decide di acquistare lo stabilimento ex Bertone di Grugliasco. Uno stabilimento dove oggi verrà prodotto il cosiddetto Maseratino, un modello del segmento (non di lusso) e la cui capacità produttiva, circa 60mila autovetture l’anno, ha definitivamente spazzato via l’ipotesi di poterlo costruire laddove la Maserati è sempre stata prodotta.
La capacità produttiva della fabbrica modenese, infatti, sfiora, pur volendo modificare l’organizzazione del lavoro passando da due a tre turni, a malapena le 15mila vetture annuali. E, con tutta probabilità, nemmeno la disponibilità offerta dal comune di Modena di ampliare lo stabilimento avvalendosi di uno spazio adiacente non potrebbe essere sufficiente.
Il problema latente allora, oggi più che mai palese è che “in assenza di nuovi modelli e di un piano industriale che definisca investimenti futuri -sostengono le organizzazioni sindacali – lo stabilimento modenese, anche in assenza di annunci di trasferimenti e/o chiusure, sarà destinato a spegnersi lentamente”.
Una morte lenta, graduale, ma nemmeno così lontana secondo i pronostici degli operai, che temono una “possibile chiusura” nel giro di un paio d’anni. I numeri, d’altronde, parlano chiaro: Maserati è passata dagli 825 milioni di ricavi netti del 2008 ai 448 dell’anno seguente, con un crollo di auto da 8759 a 4489, oggi tornate sulle 5mila. “Se la Maserati verrà prodotta anche altrove – incalzano i sindacati – a Torino o chissà dove, vogliamo sapere a Modena cosa si farà”.
Il nodo della questione è legato alla mancanza di un piano industriale e di nuovi modelli. Tre le autovetture prodotte attualmente a Modena: la GranCambrio dello scorso anno, “che non è altro – è il commento di Fernando Siena, funzionario sindacale della Fiom/Cgil di Modena – che la GranTurismo (modello di almeno cinque anni fa) senza il tetto, quindi un modello di nicchia nella nicchia. Poi c’è la Quattroporte che ha 7-8 anni, di cui è già stato fatto un restyling. Oggi vorremmo capire cosa sarà fatto a Modena”.