La manifestazione è annunciata per sabato davanti a Montecitorio. Per i promotori della protesta "sono in corso tagli per otto miliardi messi a bilancio nella finanziaria del 2008"
I precari della scuola sempre sul piede di guerra per tentare di sbloccare una situazione che li vede sempre più penalizzati e senza prospettive per il futuro. Sabato torneranno in piazza, davanti a Montecitorio, in un clima reso ogni giorno sempre più esasperante a partire dagli insulti che ha loro riservato il ministro Brunetta. Le motivazioni della nuova manifestazione: “Il Dl sviluppo – si legge in un comunicato dei promotori della protesta – contiene norme che, contrariamente a quanto propagandato dal governo, contribuiscono ad affossare definitivamente i lavoratori precari della scuola. Si parla genericamente di un piano triennale di immissioni in ruolo senza fornire nessuna cifra, mentre viene invece chiarito che i precari della scuola non rientrano nella normativa europea che impone la loro assunzione dopo tre anni di lavoro. In compenso i tagli proseguono inesorabili: è in corso la terza tranche dei 150.000 tagli agli organici e degli 8 miliardi ai finanziamenti imposti dalla Finanziaria del 2008. Per il ritiro degli 8 miliardi di tagli che peggiorano la qualità dell’insegnamento ed estromettono dalla scuola migliaia di lavoratori, per l’immissione in ruolo di tutti i precari, per il rispetto della normativa europea che impone l’assunzione dopo tre anni di lavoro, i precari della scuola scenderanno in piazza con un presidio davanti a Montecitorio che partirà il 18 Giugno alle ore 14. Invitiamo tutti i cittadini a partecipare senza bandiere o segni distintivi di sindacati e partiti politici. Chiediamo a tutti i precari che parteciperanno al presidio di non cadere nel bieco tranello della politica che mira ad alimentare divisioni tra lavoratori con false promesse corporative”.
In effetti anche i più recenti interventi del governo in questa materia non sono per nulla chiari e tanto meno tranquillizzanti. Lo hanno fatto notare dall’opposizione i parlamentari Ghizzoni e Bachelet: “Si tratta di una proposta che non affronta e anzi elude il problema del superamento effettivo del precariato scolastico. Si tratta di un’ ipotesi mistificatoria e propagandistica che non indica in alcun modo il numero delle nomine di docenti e di ATA da effettuare nel prossimo anno scolastico e nei seguenti e allo stesso tempo mantiene in vita il sistema autorizzatorio vigente delle nomine a tempo indeterminato che consente al governo di imporre qualsiasi soluzione quantitativa rispetto alla reale consistenza degli stessi posti disponibili e vacanti”.
Il problema riguarda innanzitutto l’assegnazione dei posti di fatto vacanti, quelli cioè che senza i precari continuerebbero a essere scoperti. Una materia peraltro che ha già visto ripetuti interventi della magistratura che ha riconosciuto che non è possibile mantenere nel precariato persone che occupano posti vacanti condannando di conseguenza lo Stato a risarcimenti ingentissimi che a lungo andare potrebbero mettere in crisi lo stesso bilancio. Ma quanti sono i posti vacanti? Secondo i calcoli degli esperti attualmente al netto dei tagli sarebbero 60 mila per i docenti e quasi 40 mila per i non docenti. Insomma cento mila precari potrebbero subito avere un posto fisso. Prospettiva che tuttavia il decreto sullo sviluppo non solo non conferma, ma che attraverso il sistema “autorizzatorio” da parte di Tremonti potrebbe ampiamente ridurre a poche decine di migliaia di assunzioni.
C’è poi tutto il sistema delle supplenze, vale a dire i posti liberi ma formalmente occupati da chi si ammala o viene destinato ad altro incarico. Qui la situazione è ancora più sconcertante. E’ in atto infatti la proposta di rifare le stesse graduatorie da cui attingere i nominativi a cui assegnare le supplenze. E qui arriva l’ultima trovata della Lega: riconoscere ai “residenti” un bonus di 40 punti in modo da superare i docenti che vengono dal Sud. Come se i “residenti” non fossero in gran parte appunto di origine meridionale. Solo un brutto segnale, dunque, per segnare ancora una volta la discriminazione .