La storia di Francesca De Candia, più nota come Franca, oggi è tramontata, dimenticata. Negli anni che sono seguiti al 1994, il nome e la faccia di Francesca erano su tutti i giornali e le tv europee. Lei, donna sarda trapiantata in Umbria, a Terni precisamente, in quell’anno aveva avuto il coraggio di denunciare gli strozzini a cui, in un momento di emergenza e debolezza, aveva chiesto un prestito. Pensava fossero strozzini “buoni”, che si accontentassero di un 10%. Poi gli interessi lievitarono fino al 240%.
Francesca capisce che non ha via d’uscita. Per uscire dal tunnel deve prima di tutto ammetterlo a se stessa, e per questo si affida totalmente allo Stato. Supera la sua vergogna e denuncia tutto. Ciò che accade, dopo un anno e mezzo, è agghiacciante. Una sera d’agosto la gang di strozzini ordina a tre uomini di violentare Francesca. Mentre abusano di lei le promettono che anche sua figlia subirà lo stesso trattamento. Il tempo passa, lei prova a saldare quel debito ormai incolmabile, ma non ce la fa. Un giorno le ricordano, dalla strada, la fine che toccherà alla figlia se non pagherà. Lei crolla e decide che è meglio farla finita. Ingerisce un micidiale cocktail di barbiturici che la manda dritta in rianimazione. Incredibilmente i medici riescono a salvarla e, quando apre gli occhi, decide che, se non è riuscita ad uccidersi, un motivo deve esserci, e lei deve reagire.
Da quel momento diventa il simbolo italiano della ribellione all’usura, ci mette la faccia e fonda anche l’Associazione Nazionale Vittime dell’Usura. E’ riferimento di tutti coloro che vogliono denunciare gli strozzini, si batte come una leonessa per miglioramenti legislativi e per l’equiparazione delle vittime di estorsioni da usura e da racket. Viene scelta come rappresentante dell’Italia ad un premio internazionale che verrà assegnato poi a Papa Giovanni Paolo II; in quell’occasione al Santo Padre danno la medaglia d’oro, alla De Candia quella d’argento. L’8 marzo 1996 le europarlamentari italiane la premiano a Milano come “Eurodonna 1996 per il coraggio”.
Poi, come era stata portata sugli altari, è stata lentamente deposta dai big dell’antiracket remunerativo, dell’antiracket a vita. La sua storia si è inabissata e la sua salute ha iniziato a risentire di anni di umiliazioni, violenze e minacce. Di anni spesi per migliorare questa nazione, fidandosi dei guru, degli intoccabili dell’antistrozzinaggio.
Nel frattempo la sua salute, lentamente, l’abbandona. Non si è mai ripresa fisicamente dalle violenze e dalle vessazioni, e le viene riconosciuta un’invalidità permanente e, quindi, un danno biologico del 40%, come conseguenza della diminuizione reale della capacità di produrre reddito. Poi, a causa di ischemie celebrali e cardiache e altre gravissime patologie, le viene riconosciuto un ulteriore 30% di invalidità. A questo punto, come prevede la legge, presenta l’istanza di aggravamento relativamente alla maggiore disabilità. Lo fa il 17 settembre del 2009. Il 16 novembre dello stesso anno, con tempismo sospetto, il Commissario Straordinario Antiracket dirama una circolare (1441/BE), con cui modifica la norma della risarcibilità; prima il Ministero riteneva risarcibili i danni da lesioni personali sia per le vittime di estorsione da usura e da racket, ora la risarcibilità dell’aggravemento delle lesioni personali è possibile solo se le condotte sono riconducibili ad organizzazioni di tipo mafioso. E, ancora più incredibile, sembra che solo e soltanto per lei quella circolare avrà effetto retroattivo.
Tutto ciò l’ha portata, qualche giorno fa, con un comunicato, ad annunciare di “non credere più nelle istituzioni che ci rappresentano e che ci dovrebbero tutelare” e ad iniziare, a scalare, un digiuno di cibo, acqua e dei farmaci salvavita che la porteranno dritta laddove non sono riusciti gli strozzini.
“Con fierezza compirò questo gesto e, se anche mi portasse a non esserci più, sarebbe comunque l’ultimo servigio alle vittime che hanno creduto in me quando dicevo loro ‘denunciate, denunciate, denunciate, le istituzioni sono con noi e avrete giustizia’”.
Nessuno si preoccupa più di lei. La Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiane, nella quale era addirittura nel direttivo nazionale, tace. Il commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Giancarlo Trevisone, tace.
E lei, lentamente, si lascia andare, lascia questa vita, le umiliazioni, le sconfitte e le malattie. E noi, tutti insieme, a guardarla senza muovere un dito.