Non conosco un’organizzazione sociale diversa dall’impresa per mandare avanti il Paese. Finanziare la spesa pubblica attraverso il debito pubblico non è più possibile, determinare una svalutazione utile a creare un’artificiale competitività nemmeno, bluffare con gli effetti speciali della finanza dei derivati è semplicemente criminale, argenteria e gioielli da mettere sul mercato non ce ne sono più (salvo il demanio e il patrimonio artistico), mentre i giovani senza lavoro e senza futuro rischiano di riempire presto anche da noi le piazze, una volta venuta meno la cintura di protezione familiare basata – ancora per poco – anche sulle vecchie pensioni: non resta quindi che tornare alla sana economia trainata dall’impresa vera, quella degli imprenditori abituati a frequentare più il mercato che i politici.
La bella notizia è che l’Italia ha ancora tante potenzialità per competere sui mercati. Quella cattiva è che abbiamo fatto di tutto per dimenticare come. Un’agenda, basata su idee diverse dal solito e aggiornate ai tempi su cosa e come fare per veder ripartire il Paese, è presto fatta:
1. produrre energia da fonte sicura e sostenibile, puntando innanzitutto sul risparmio e l’efficienza energetica degli edifici;
2. puntare pesantemente sulla ricerca e l’innovazione, creando le condizioni per il rientro volontario dei cervelli;
3. valorizzare e preservare – per l’economia turistica, ma non solo – il patrimonio storico, artistico ed il paesaggio, anche attraverso l’uso moderno delle tecnologie digitali;
4. riconvertire il territorio, specie urbano e costiero, violato dalla speculazione edilizia e preservare l’ambiente attraverso la cura del ciclo dell’acqua, dei rifiuti e delle polveri da traffico;
5. puntare su un’agricoltura di qualità che produca cibi sani e saporiti, nell’ottica del mangiare meno, ma meglio;
6. dotare di infrastrutture digitali veloci il Paese, per favorire nuovi business, competere e attirare investimenti;
7. rendere semplice, trasparente, accessibile on line ed efficiente la pubblica amministrazione, per farne un volano più che un ostacolo alle attività economiche;
8. risanare i conti pubblici, aggredendo i patrimoni criminali riciclati e quelli frutto della corruzione e dell’evasione fiscale;
9. coniugare meritocrazia e solidarietà sociale, a partire dalla scuola e dalle università, le cui risorse non vanno sprecate demagogicamente, ma impiegate con responsabilità;
10. favorire l’accesso all’informazione libera e indipendente offerta dalla Rete, rimuovendo il digital divide: l’informazione libera e accessibile è il rovescio della medaglia di ogni democrazia.
Per innestare da subito un circuito virtuoso che favorisca la nascita di imprese coerenti con questa visione di sviluppo bisogna ricominciare dall’abc, dal maestro Alberto Manzi della mia infanzia, quello che insegnava in Tv, nell’Italia del boom economico, a leggere e scrivere. La Tv pubblica, la Rai pagata dal canone, dovrebbe oggi riservare a questo scopo il prime time di una sua rete con palinsesti del genere:
1. corsi di informatica di base per imparare ad usare un Pc e navigare su Internet;
2. corsi di lingue utili agli scambi commerciali più promettenti: inglese, cinese, arabo, portoghese, ecc.;
3. interviste ai protagonisti di storie aziendali di successo, piccole o grandi che siano, per favorirne l’emulazione;
4. reportage e informazione sui Paesi dei partner commerciali, per comprenderne usi e costumi, gusti, tendenze, dati econometrici, ecc.
Bisogna rimuovere, infine, gli ostacoli burocratici e creditizi che impediscono oggi in Italia la nascita di nuove imprese, specie giovanili: ci vorrebbe un’apposita agenzia fatta da imprenditori di successo che vogliano regalare, magari gratuitamente, nel solo interesse di tutti che è sempre il più alto, la propria esperienza per vagliare la fattibilità economica di progetti di impresa da finanziare attraverso un apposito fondo rotativo statale. Serve un’alleanza tra le generazioni e tra chi ha avuto fortuna e chi ha voglia di cimentarsi, forte dell’età e delle idee, nel più bel gioco di società: l’impresa.