Non due, ma tre e poi addirittura cinque gli eroi capaci di resistere al nazifascismo: il conducente del mezzo comunale; Torello, che non era un soprannome ma una constatazione fatta fin dalla sua venuta al mondo, e il mi’ babbo detto il Bello, una sorta di Marlon Brando di quartiere, vincente giocatore di poker, gentile amante di innumerevoli fidanzate che avrebbe voluto sposare tutte rompendo i loro cuori, finché mia madre non ruppe il suo per fondare così una vita di fedeltà. E poi due spazzini che nascosero il mi’ babbo, rincorso dalla rabbia di chi si sentiva ormai perdente e in attesa del giudizio del mondo.
Torello si buttò verso i tedeschi mimando un improbabile ubriaco. Il conducente aprì le porte posteriori fingendo di confondersi nonostante la minaccia di un mitra. Enzo Eulio non se lo fece dire due volte e si buttò di sotto correndo a rotta di collo fino al primo angolo dove, trovando gli spazzini, non dovette spiegargli nulla: si tuffò sotto il mucchio di spazzatura che avevano appena raccolto e loro finirono di nasconderlo ben bene con le ramazze. Le stesse che a Milano fecero anni dopo lo zavattiniano Miracolo e che oggi, ne son certo, agiranno a Napoli.
Resistere fu l’imperativo, Resistere è l’imperativo. I tempi bui finiscono sempre nelle discariche della Storia.
I tedeschi passarono. Avevano appena ucciso Torello e arrestato l’autista. Esausti forse anche loro del dolore percepibile, credettero agli occhi dei due netturbini che fingevano, nel guardare in fondo alla strada, di aver visto un attimo prima qualcuno correre con la paura fra le gambe…