Miracoli della filosofia marchionniana. Ci avevano spiegato che la Lancia Ypsilon, prodotta in Sicilia a Termini Imerese, aveva un sovraccosto insostenibile di 800 euro a esemplare perché doveva poi essere “trasportata in Italia”. Interessante: perché i motori della “nuova” Fiat Freemont, invece, fanno questo simpatico viaggetto nel mondo globalizzato: partono in camion dagli stabilimenti Fiat di Avellino, arrivano a Genova, prendono un cargo, arrivano fino a Veracruz, in Messico, di nuovo salgono sul camion e arrivano fino alla fabbrica Chrysler di Toluca. Finito? Macché: a Toluca vengono impiantati su una carrozzeria montata con mano d’opera a 12 euro l’ora, poi di nuovo a Veracruz, poi di nuovo a Genova, e poi dai concessionari Fiat direttamente a casa vostra per la modica cifra di 25 mila e 700 euro (24.900 in offerta).
Ma é davvero “nuova” questa Fiat che paginate intere su tutti i giornali (in due giorni Stampa, Giornale e Corriere della Sera) ci magnificano come tale? No, affatto. E infatti i recensori benevoli devono fare salti mortali per spiegare la verità: “Non è il semplice risultato della rivisitazione del Dodge Journey – scrive Il Giornale – ma di un lavoro di sviluppo impresso dall’impiego di motori consoni ai gusti europei, rivolto all’ottimizzazione dei comfort e alla rivisitazione dello sterzo e dell’assetto”. Aggiunge Il Corriere: “Alzi la mano chi, anche solo sino a qualche mese fa, avrebbe scommesso sulla possibilità del ritorno di una grande familiare, per giunta a sette posti, nei listini di quello che è il marchio automobilistico italiano per eccellenza. Eppure oggi, con la Freemont, questa remota ipotesi è divenuta realtà”. Visto che tutte le macchine sono sempre bellissime nelle recensioni dei nostri quotidiani, proviamo a tradurre in italiano: il Freemont è una fotocopia del Dodge Journey, a cui è stato sostituito il motore, che ora è un multijet Fiat: ma è praticamente identico in tutto il resto, se si esclude la calandra (cioè la mascherina anteriore con il logo rosso della Fiat). Un’altra curiosità: la macchina è molto decantata (“un po’ Suv, un po’ station wagon e un po’ monovolume. Grazie a questo mix, che la connota come una crossover – scrive Il Giornale – la vettura intende accontentare chi si orienta verso un mezzo capiente e versatile”). Ti credo. Sfiora i 5 metri di lunghezza, e sostituisce l’Ulysse e la Multipla, la macchina elettiva dei tassisti italiani (oltre il 30 per cento di quelli romani).
Ma i tassisti non sceglieranno Freemont nemmeno se gliela regalano. Non solo per le dimensioni imponenti (la Multipla era lunga come una Punto, si parcheggiava ovunque e aveva sei posti). Ma per un piccolo dettaglio che le paginate entusiastiche curiosamente trascurano: i consumi. Sul depliant ufficiale diffuso nei concessionari c’è scritto 6 litri/100 chilometri (11 km con un litro in città, 16 fuori). Il che significa che la Freemont consuma più di una vecchia Multipla, di una Mercedes e di una Bmw (di pari cilindrata, cioè 2000). Possibile? Evidentemente sì, visto che ha l’ingombro di un carroarmato e gli ingegneri Fiat hanno fatto miracoli per abbassare il costo chilometro. Il prezzo è molto buono, ma Freemont pesa. Il modello da cui è stata clonata è una Dodge vecchia di tre anni (il tempo di un restyling!) pensata per il mercato americano pre-crisi. Ed è curioso che in italia arrivino consumi “americani”, quando Obama pone a Marchionne come condizione per finanziarlo di produrre una macchina che faccia 17 chilometri con un litro in America. Ancora Il Giornale, estasiato: “Nell’ampio abitacolo, ben accessibile anche nella terza fila di sedili grazie alle porte che si aprono sino a 90 gradi, risalta il moderno stile dell’arredamento impresso dalla plancia avvolgente con un grande display centrale a colori per il sistema di infotainment”. Ora, a parte che non esiste macchina (a parte la mitica Duna) con un display in bianco e nero, per quale miracolo navigatore e radio diventano “un sistema di infotainment?”. Fiat punta a 30mila macchine in Europa. E bisognerà fare fanti auguri “al gippone” di Marchionne, se è vero che le quattro “grandi” Fiat (Multipla, Croma, Ulisse e Sedici) tutte insieme vendevano 27 mila pezzi l’anno: non è detto che Toluca sia più vicina di Termini Imerese.
da Il Fatto Quotidiano del 18 giugno 2011