Da circa quarant’anni conosciamo l’entità dei problemi ambientali e l’impossibilità che la crescita continua – tuttora invocata come un mantra dall’economia e dalla politica -, possa proseguire all’infinito in un pianeta finito. L’ironia è che fu proprio un manager ed economista italiano di grande cultura e carisma, Aurelio Peccei (1908-1984), a promuovere l’elaborazione del primo modello matematico per simulare il sistema Uomo-Terra, il celebre rapporto “I limiti dello sviluppo” (titolo originale: I limiti della crescita), che tuttavia, uscito nel 1972, non ottenne l’effetto sperato di imprimere una svolta all’Umanità, e meno che mai all’Italia, vero paese dei balocchi.
Gli anni sono passati invano e tutto si è ulteriormente complicato, la popolazione è aumentata fino agli attuali 7 miliardi, i cambiamenti climatici sono sulla porta di casa, l’inquinamento di aria, acqua e suolo inizia a erodere il nostro benessere, la produzione alimentare non soddisfa la fame di tutti, lo spreco impazza e l’irragionevolezza pure. La ricerca scientifica internazionale registra puntigliosamente questi cambiamenti, mette in guardia il mondo, e propone anche soluzioni, ma cittadini e politica si dimostrano quasi sempre scettici o indifferenti e continuano la loro folle corsa verso il baratro. A metà maggio 2011, 18 premi Nobel hanno diffuso il Memorandum di Stoccolma nel quale ancora una volta, dopo innumerevoli simili appelli da parte delle Nazioni Unite e di altre autorevoli istituzioni, rammentano l’urgenza di diminuire l’impatto sul pianeta e raggiungere una maggior efficienza nell’uso dell’energia e delle risorse. E in Italia un appello dello stesso tenore è stato appena elaborato da Sandro Pignatti e Vincenzo Balzani, entrambi Accademici dei Lincei.
Ma dunque, cosa stiamo aspettando ancora? Quando i sintomi saranno palesi a tutti, non si potrà più far nulla per evitare una seria minaccia alle condizioni che consentono la vita della specie umana. E’ una sfida epocale, nuova per la nostra civiltà. Per questo ho voluto spiegare come si fa a “prepararsi” per attutire il colpo quando verrà, e per renderlo meno violento, disinnescando una parte delle mine vaganti che noi stessi abbiamo creato, a cominciare da casa propria. Perché il paese dei balocchi dura cinque mesi, e poi ci si trasforma in asini. Credo che di mesi ne siano già passati quattro e mezzo.
Estratto da “Preparimaoci” di Luca Mercalli, Chiarelettere, Milano 2011
In casa
Risparmiare e innovare
L’uso di lampade a basso consumo non risolverà la crisi energetica, ma assieme a tante altre azioni virtuose che ciascuno di noi può fare contribuirà al superamento di questa crisi. Tante piccole azioni, se messe in opera da molte persone, danno importanti risultati.
Vincenzo Balzani, Università di Bologna, 2007
Il cambiamento climatico e il suo impatto sul nostro ambiente, le nostre economie e la nostra sicurezza è il tema chiave della nostra era. Ma ogni giorno di indugio rende le sue conseguenze più irreversibili, per questo dobbiamo agire subito.
Angel Gurría, segretario generale Ocse, 2008
Il cambiamento è inevitabile; non dobbiamo resistere al cambiamento, dobbiamo guidarlo. Più ci affanniamo a mantenere le cose come stanno, più esauriamo le preziose risorse che dovremmo risparmiare per gestire il cambiamento in modo non traumatico. La sostenibilità non è una scelta in un mondo finito, è un obbligo, che piaccia o non piaccia.
Ugo Bardi, Università di Firenze, 2010
Quanta energia consumiamo? Dei flussi di energia e materia che attraversano la nostra vita e soprattutto la nostra casa, sappiamo poco o nulla. Chiedo spesso alle conferenze se qualcuno mi sa dire quanti kWh di elettricità consuma ogni anno, quanti metri cubi di gas, quanti litri d’acqua. Silenzio. I contatori delle cose più importanti che presiedono al nostro comfort, sono in genere nascosti in luoghi scomodi, bui e polverosi. Le unità di misura sono simboli sconosciuti, la fisica e la tecnologia che ci stanno dietro ancora di più. Resta solo la bolletta in euro, in genere bimestrale o annuale, la si paga lamentandosi che tutto aumenta, e finisce lì. Nessuna connessione tra il denaro e i propri comportamenti (è sempre colpa del governo…), anche perché il tempo trascorso dall’utilizzo al pagamento ha cancellato la memoria. In Inghilterra è stato fatto un esperimento in case popolari, installando contatori elettrici con display ben visibili in cucina: la sola esplicitazione dei consumi in tempo reale di fronte a tutti i membri della famiglia ha permesso di realizzare risparmi dell’ordine del 15 per cento.
Quindi il primo passo è occuparsi di quei numeri e andare alla scoperta del contatore. Non solo a casa propria: chiedete l’audit energetico del vostro comune, della scuola, dell’ospedale (è l’analisi delle prestazioni energetiche di un edificio attraverso l’osservazione dei consumi di combustibile ed energia elettrica, unita alle soluzioni tecniche per contenerli). Abbiamo il diritto di conoscere l’entità delle bollette pubbliche e poi pretendere che si riduca lo spreco. Ho fatto tante di quelle lezioni sull’energia in scuole dove in gennaio avevamo le finestre aperte per via del riscaldamento a manetta, non regolabile dagli utenti!
In generale la famiglia media italiana utilizza 2700 kWh all’anno, ma l’analisi del Politecnico di Milano su un campione più ristretto ma più rappresentativo fornisce per una famiglia composta di tre persone e dotata dei più comuni elettrodomestici circa 3200 kWh all’anno: se consideriamo un prezzo attorno a 0,2 euro/kWh otteniamo 640 euro. L’elettricità domestica rappresenta tuttavia solo il 20 per cento della produzione elettrica totale italiana, che a sua volta è pari a circa il 30 per cento dell’energia primaria impiegata nel paese (180 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno, 8 litri di petrolio pro capite al giorno), quindi i consumi elettrici domestici rappresentano poco più del 6 per cento del bilancio energetico nazionale, però vi è un potenziale di risparmio dell’ordine del 30 per cento, ed è una parte sulla quale ognuno di noi può agire subito. Come diminuire i consumi Il peggior divoratore di energia delle nostre case è il boiler elettrico, che assorbe circa 1500 kWh/anno: quindi se lo avete, sostituitelo con uno a gas, meglio se integrato con pannelli solari. Io l’ho abbandonato da anni e sono passato da un prelievo medio di 7 kWh/giorno a 5 kWh/ giorno, abbattendo subito di quasi il 30 per cento i consumi.
Ovviamente ho fatto anche tutte le altre cose che vengono consigliate sui manuali di buone pratiche: sostituzione delle lampadine a incandescenza con quelle fluorescenti a basso consumo (ho iniziato a introdurre anche i primi faretti a led), uso di elettrodomestici in classe A o superiore (frigorifero, lavastoviglie, lavatrice, meglio se con doppio ingresso dell’acqua calda di origine solare), spegnimento totale serale degli apparecchi dotati di standby tramite multiprese dotate di interruttore o togliendo semplicemente la spina.2 Non ho la tv ma lavorando spesso da casa, il computer è acceso almeno otto ore al giorno, però ha lo schermo che si oscura quando non utilizzato. Cervello sempre acceso, luce solo quando serve.
Oggi i miei consumi medi annui sono di circa 2000 kWh, in casa siamo in due, quindi rapportato a una famiglia media da 3200 kWh vuol dire che consumiamo circa il 10 per cento in meno, ma inclusi i consumi di lavoro. Se poi aggiungete che il mio primo impianto fotovoltaico da 1,8 kWp produce oltre 2200 kWh all’anno, vedete che ne consumo il 90 per cento e ne resta ancora una frazione che va in rete, quindi la casa ha un bilancio elettrico positivo. È chiaro che bisogna evitare la trappola del paradosso di Jevons o «effetto rebound»: ovvero ciò che si risparmia non deve essere reimpiegato per nuovi usi superflui! Se ho ridotto il consumo energetico con una lampadina a basso consumo, sarebbe idiota lasciarla accesa più ore del necessario o metterne due là dove ne avevo una, così come utilizzare i miei 200 kWh in esubero per una stufetta elettrica… Lo stesso vale per l’automobile o il riscaldamento. Quindi a parità di livello di comfort raggiunto, il risparmio conseguito con l’efficienza deve andare a beneficio della collettività (ovviamente dietro pagamento del prezzo di mercato!) in modo che i consumi si abbassino realmente in tutto il paese.
In Germania i MW di fotovoltaico totali presenti a fine 2010 erano 17320 e, con meno sole dell’Italia, hanno prodotto 12 miliardi di kWh, pari al 2 per cento della produzione elettrica nazionale. Qui da noi a fine 2010 siamo 2 Secondo http://selina-project.eu in Europa il consumo medio degli apparecchi in stand-by è di circa 305 kWh/anno per abitazione, pari all’11 per cento del consumo complessivo domestico, un’enormità che nei 27 paesi Ue ammonta a ben 43 TWh. arrivati a produrne 1,6 miliardi di kWh, lo 0,5 per cento della produzione elettrica nazionale, sufficienti a coprire il fabbisogno domestico di circa 1,5 milioni di persone, ma pur sempre limitati al 13 per cento della produzione fotovoltaica tedesca. Purtroppo i decreti ammazzarinnovabili del governo italiano si presentano a sorpresa, infliggendo continui strattoni e insicurezze sul nascente mercato. Meditate e votate.