Come acutamente rilevato dal professore emerito Paolo Picone, autore a suo tempo con Giorgio Sacerdoti della più importante opera sul diritto internazionale dell’economia mai apparsa in Italia, e in onore del quale è stata recentemente pubblicata una raccolta di saggi sull’argomento che contiene spunti estremamente stimolanti, il capitale finanziario costituisce un fattore eversivo che si pone fuori e contro l’ordinamento internazionale vigente.
Esiste una disputa, in buona parte di lana caprina, su quali siano stati i fattori scatenanti delle ultime crisi finanziarie ed economiche che hanno sconvolto con sempre maggiore brutalità il pianeta negli ultimi decenni. Occorre dire che le radici di tali crisi stanno sicuramente nella ingiusta distribuzione del reddito, ma anche nella precisa non volontà politica di porre argini normativi all’azione del capitale finanziario. In questo senso si è espressa l’Associazione internazionale dei giuristi democratici, in una risoluzione approvata dal congresso di Hanoi del giugno 2009 che era stata redatta dal sottoscritto.
Rimosso ogni vincolo alla sua azione e penetrazione, il capitale finanziario si erge a decisore di ultima istanza e decreta, anche mediante le cosiddette agenzie di rating, che sono in realtà suoi strumenti privi di ogni margine di autonomia, il destino di interi Paesi e di interi popoli.
Le vie d’uscita tentate dagli Stati per far fronte a tale crisi, si sono risolte in un nulla di fatto, come stabilito dagli esperti giuridici riuniti a Milano all’Università Bocconi in un interessante seminario.
Paradossalmente, occorre aggiungere, la risposta alla crisi si è tradotta in un rafforzamento della posizione delle banche e delle altre multiformi entità che fanno capo al capitale finanziario, cui sono stati conferiti nuovi mezzi finanziari, senza disporre alcun serio controllo.
Ma in questo modo si preparano le condizioni di nuove crisi che saranno ancora più devastanti dell’attuale e che si combinano con crisi di altro genere che toccano il cuore stesso della convivenza e della vita umana, come le crisi alimentari, quelle ambientali, quelle democratiche e quelle belliche.
Occorre invece una risposta diversa che spezzi il potere del capitale finanziario, introducendo un’imposta patrimoniale di grande entità e vietando penalmente numerose attività oggi portate avanti impunemente dai suoi esponenti.
Il popolo greco è oggi in prima linea nella lotta per la difesa della propria sovranità e della democrazia contro gli osceni diktat del Fmi e di un’Unione europea anch’essa tragicamente subalterna al capitale finanziario. Ma presto toccherà anche ad altri Paesi, fra cui il nostro. Appare sconfortante, da questo punto di vista, l’impreparazione della classe politica sia di governo che di opposizione. Le necessarie misure da prendere per far fronte alla crisi devono invece tenere conto dei due fattori scatenanti che ho precedentemente indicato e quindi colpire da un lato le diseguaglianze e dall’altro il potere illimitato delle banche e della società finanziarie, riconducendo in precisi margini le attività svolte da queste ultime. Solo dalla solidarietà senza condizioni nei confronti dei nostri fratelli e sorelle greci può nascere, nella lotta al capitale finanziario internazionale, l’unica ragione d’essere possibile per un’Europa unita del terzo millennio.