E oltre allo striscione, quando il pratone ha cominciato a riempirsi, sono spuntati centinaia di volantini con lo stessa scritta: “Maroni presidente del Consiglio”. E un’aggiunta: “subito”. Che la corrente maroniana si sarebbe palesata proprio qui, alla festa del giuramento padano, alla cerimonia da sempre considerata solo di Bossi ha stupito molti e indispettito il Capo e Calderoli, in particolare. Ieri sera, all’albergo “La sosta” di Cisano bergamasco, poco distante da Pontida, Bossi ha riunito Calderoli, Maroni, Reguzzoni, Castelli e altri colonnelli per limare la scaletta della giornata. A mezzanotte è andato a dormire. Il Senatur aveva ceduto sugli interventi dal palco. Non più soltanto lui, ma pochi minuti anche a Maroni e Calderoli. Ma gli slogan a favore del titolare del Viminale non sono piaciuti a molti del cerchio magico.
E infatti è Bossi a parlare. Tutti salgono sul palco, da Reguzzoni a Tosi. Tutti vengono presentati uno a uno. Tutti vengono applauditi. Tutti in camicia verde. Tutti tranne uno: Maroni. Il titolare del Viminale si presenta in abiti quasi da “premier” ironizza Mario Borghezio poco dopo. E a Maroni non vanno solo gli applausi. Dal prato di Pontida si leva un coro: Maroni, Maroni. Poi Bossi si avvicina al microfono e comincia a parlare. Per prima cosa tenta di rassicurare: “I giornalisti scrivono falsità, non c’è nessuna spaccatura”. Più che uno stop alle polemiche una conferma.
Ma nell’ora successiva appare evidente come la polemica di fatto è superata: è passata la linea Maroni. Il ministro dell’Interno riceve una incoronatura e mezzo. Una piena, dal sacro prato di Pontida, l’altra a metà, dal partito. Con la benedizione di Bossi che addirittura lo annuncia, lo chiama al microfono e gli lascia la parola. L’unica a non capire è Rosy Mauro. Che alla fine ripeterà “liberi con Bossi”, guadagnandosi qualche fischio e regalando l’immagine di un Giorgetti sconcertato sul palco a scuotere la testa. Ma che Maroni sia l’astro nascente è chiaro a tutti. All’eterno rivale Calderoli, che al termine della festa si presenta nero in volto alle telecamere. Lo sa Reguzzoni, che sul palco non sale neanche. E lo sa soprattutto Maroni che aspetta che tutti si allontanino prima di prendere la parola. La scena è sua. Con la benedizione di Bossi che ha ceduto alla linea maroniana anche sull’ultima linea: Tremonti. Non una parola in sua difesa. Anzi. “Se vuoi ancora i nostri voti devi smetterla di tartassare i nostri”.