Da lunedì, New York potrebbe diventare il sesto Stato americano a celebrare i matrimoni omosessuali. La legge sulla marriage equality, passata mercoledì scorso alla Camera – 80 voti contro 63 – attende ora il sì del Senato dello Stato di New York. Il governatore democratico Andrew Cuomo, un appassionato sostenitore dei diritti gay, ha ottenuto l’appoggio di due senatori repubblicani, ma ha bisogno di almeno un altro voto per far passare la misura. I repubblicani sono divisi. Le chiese, soprattutto la Chiesa cattolica, protestano. I gruppi gay, e i loro alleati, sperano che questa sia la volta buona.
Il sì dei senatori di Albany ai matrimoni omosessuali sarebbe un evento storico. New York diventerebbe lo Stato più popoloso d’America a introdurre l’“eguaglianza matrimoniale” (gli altri sono Massachussetts, Iowa, Connecticut, Vermont, New Hampshire, oltre Washington D.C.). Il valore politico, simbolico, culturale della scelta sarebbe enorme, tale da influenzare le assemblee legislative degli altri Stati, oltre alle decisioni di molte corti del Paese (in questo momento, in California, è in corso la battaglia legale sulla Proposition 8, che bandisce i matrimoni omosessuali prima riconosciuti da un tribunale).
I democratici newyorkesi sono ormai compatti nell’appoggio alla misura proposta da Cuomo. Tutti, tranne il senatore Ruben Diaz, rappresentante del distretto del Bronx, che da anni conduce una strenua campagna contro le unioni dello stesso sesso. Al suo ultimo comizio nel Bronx, a favore del matrimonio tradizionale, è stato però contestato dalla nipote 22enne, Erica, che è lesbica. Ben più sfumata è la posizione dei repubblicani dello Stato. Quelli delle aree più prossime a Manhattan – Staten Islan, Long Island, la contea di Dutchess – appaiono più propensi alle richieste della comunità LGBT. Salendo per la valle dell’Hudson, tradizionalmente conservatrice, la chiusura dei politici repubblicani appare sempre più netta.
L’approvazione della nuova legge è complicata anche dall’intervento di uomini e istituzioni religiose. L’arcivescovo cattolico di New York City, Timothy Dolan, ha in questi mesi condotto una personale battaglia contro i matrimoni omosessuali, arrivando a definirli “un fatto inquietante”. Non è un giudizio puramente morale a guidare l’opposizione della Chiesa cattolica e delle altre confessioni (battisti ed ebrei ortodossi si sono dimostrati ugualmente critici). C’è infatti la preoccupazione che il via libera ai matrimoni gay conduca a una serie infinita di azioni legali contro quelle istituzioni, soprattutto religiose, che non vorranno celebrarli o riconoscerli. Proprio per ottenere garanzie in questo senso, e tutelare il diritto di opinione delle varie chiese, tre senatori repubblicani hanno nelle ultime ore incontrato il governatore Cuomo.
Un appoggio importante alle richieste gay e lesbiche è venuto dal sindaco di New York, Michael R. Bloomberg, che ha chiesto ai senatori repubblicani di votare secondo quanto suggeriscono “cuore e principi”. Il fatto che Bloomberg sia anche uno tra i maggiori finanziatori dei repubblicani dello Stato, potrebbe aiutare. La battaglia è appunto all’ultimo voto. C’è tempo per il sì alla misura sino al 20 giugno, giorno di chiusura della sessione legislativa per il Senato di New York. I gruppi gay e lesbici spingono come mai prima, invitando gli abitanti dello Stato a far pressione sui loro rappresentanti con telefonate e e-mail. Spinge anche il governatore Cuomo, che ha politicamente bisogno dell’approvazione dei matrimoni omosessuali. Dopo i tagli previsti nel suo bilancio alla spesa sociale dello Stato, l’“eguaglianza matrimoniale” sarebbe un modo per coprirlo a sinistra.