È tempo di cricche e comitati d’affari. Di sodalizi tra politica, magistratura e imprenditoria, per ottenere inconfessabili vantaggi economici, istituzionali, di carriera. Di scambi tra criminalità e sport, per aggiustare partite e guadagnare con le scommesse.
Calciopoli 2011 sta mettendo in luce la grande truffa che pare essersi consumata in danno dei milioni di tifosi italiani, che assistevano appassionati a partite decise a suon di scommesse, piuttosto che a calci di rigore. La recente inchiesta sulla P4 sta invece mietendo le prime illustri vittime, tra coloro che fino a poco fa erano considerati intoccabili crocevia tra istituzioni, politica, poteri economici. C’è un po’ di tutto in quelle carte: magistrati disposti a tutto per avere soldi e denaro, imprenditori che premono per ottenere voti strategici per i propri favoriti, criminalità organizzata che condiziona le partite e gli appalti, affaristi, logge e servizi segreti.
Insomma, ci risiamo.
Non è infatti una novità in questo nostro Paese. Frammenti di questi “sistemi” sono stati riscontrati in numerose inchieste, ben dopo quella sulla famigerata loggia P2. Ma si è fatto davvero il possibile per evitare che si ripetesse tutto ciò? A giudicare dai risultati si direbbe di no.
E che ruolo hanno avuto i magistrati?
Purtroppo in queste vicende i magistrati sono sia i buoni che i cattivi. I buoni perché fanno le inchieste, dimostrando che la stessa magistratura (ordinaria) ha gli anticorpi necessari per fare pulizia al proprio interno. I cattivi perché ve ne sono alcuni tra gli indagati: basti pensare al ruolo che sta emergendo riguardo al magistrato-deputato del PdL Alfonso Papa.
E gli organi di autogoverno dei magistrati, che fanno?
Dopo la prima “calciopoli” il Csm proibì la partecipazione alle varie commissioni e procure federali da parte dei giudici penali e civili, essendo stato coinvolto qualche magistrato. Incarichi in organismi tipo le strutture di missione, rese tristemente note dalle indagini sul G8 e sulla cricca, sono anch’essi ormai inimmaginabili per i magistrati ordinari. Non altrettanto è accaduto, invece, per i magistrati amministrativi (TAR e Consiglio di Stato): basta scorrere gli elenchi della Figc, o gli elenchi istituzionali degli incarichi extragiudiziari dei magistrati amministrativi per rendersi conto che moltissimi svolgono il doppio lavoro per le federazioni o per le strutture di missione. Enti rispetto ai quali, peraltro, i magistrati amministrativi sono chiamati a decidere le controversie. Si pensi che addirittura il coordinatore giuridico della struttura di missione del ministero delle Infrastrutture è un magistrato amministrativo: Roberto Proietti.
A questo diverso comportamento tra giudici ordinari e magistrati amministrativi nel concedere incarichi “extra” corrisponde anche un analogo atteggiamento nelle dichiarazioni ufficiali: l’Anm di Palamara (che rappresenta pm e giudici ordinari) ha preso una posizione netta (speriamo seguita da azioni concrete) contro queste connivenze e questi doppi ruoli; non altrettanto, invece, hanno fatto i presidenti delle associazioni dei magistrati amministrativi (Anma, Conma e Associazione dei Consiglieri di Stato: Filippo Patroni Griffi, Giampiero Lo Presti e Guido Romano), che pure “vantano” dei magistrati coinvolti (nelle intercettazioni della cricca finirono il presidente del Tar Lombardia e l’attuale presidente del Consiglio di Stato Pasqualino De Lise, mentre il collega Gerardo Mastrandrea è stato testimone, nella sua qualità di capo di gabinetto del ministro Matteoli, nelle indagini sulla Scuola dei Marescialli di Firenze, per finire con l’onnipresente consigliere di Stato ex-direttore del Sismi Nicolò Pollari).
Al di là dei profili penali, che destano certamente preoccupazione per il ruolo istituzionale dei soggetti coinvolti, credo sia giunto quindi il momento di domandarsi se anche per i magistrati del Tar e del Consiglio di Stato non sia necessario un divieto assoluto di autorizzazione per questi incarichi, che davvero non portano alcun vantaggio alla Giustizia italiana.