Un luogo che una volta incarnava il benessere economico di parte della Sardegna, ma soprattutto battaglie sindacali e lavoro duro. Adesso che è 'Museo internazionale del carbone', il concerto torna a tingere di rosso il piazzale tra un ricordo dello zio minatore dell'artista e una battuta su Berlusconi e i referendum
Lui è felice, e lo dice chiaro, di cantare qui la sua ‘Amerigo’, pensata per quel prozio nato sull’Appennino e poi partito per l’America in cerca di lavoro nella miniera. “Non so cosa facesse esattamente, ma sicuramente non era molto diverso da quello che succedeva qui, le miniere sono tutte uguali e il lavoro è duro ovunque”, dice tra gli applausi. Del resto, per avere la percezione di quello che succedeva nelle viscere della terra, basta soffermarsi sulla scritta a caratteri cubitali nella facciata del magazzino, ora museo, all’ingresso del piazzale: “Coloro che io preferisco sono quelli che lavorano duro, secco, in obbedienza, e possibilmente in silenzio”. Un pensiero, anzi un imperativo, che porta la firma di Benito Mussolini, fondatore della città del carbone diventata poi ininterrottamente roccaforte rossa. E’ qui che, anche alle ultime elezioni, il centrosinistra ha vinto al primo turno con il 63 per cento. Una scritta cancellata in segno di liberazione alla fine del Ventennio fascista, poi riemersa nel 2004 nel corso dei lavori per la riconversione a fini turistico-culturali della miniera.
Guccini deve averla sicuramente notata, varcando il cancello che porta al piazzale. “In fondo non c’è molta differenza tra questa miniera e quelle della Pennsylvania“, commenta. Sotto le torri di ferro che guidavano gli ascensori con i minatori nel cuore della terra per l’estrazione del carbone, il pubblico canta e balla, accompagnando Guccini e la sua band. Un pubblico quanto mai eterogeneo, fatto di adulti un po’ attempati ma anche giovanissimi. Conoscono a memoria le sue canzoni e lui si trattiene sul palco per quasi due ore e mezza, alternando come di consueto la musica ai commenti e agli aneddoti. Come quello del toscano che prese a ceffoni il nipote perché “non voleva cantare ‘L’avvelenata’”, o i discorsi e l’amicizia con l’uomo che ispirò ‘Il pensionato’. I ricordi del servizio militare a Trieste introducono ‘Eskimo’.
Giusto qualche sosta, tra un brano e l’altro, per “sorseggiare l’ossigeno”, ovvero il vino fresco che non deve mancare mai: “Ognuno ha l’ossigeno che si merita”, scherza. C’è il tempo anche per i fatti più attuali, come i referendum sul nucleare e Silvio Berlusconi: “Ci hanno riprovato, ma gli è andata male. Poi ci dicono che tanto siamo circondati dalle centrali – conclude Guccini -, ma è un po’ come la storia del vicino di casa: siccome lui ha l’abitudine di cimentarsi nel peto, tanto vale che lo facciamo tutti”.