E poi dicono che “i giudici non dovrebbero sostituirsi alla politica…”, invece per fortuna esistono ancora i tribunali ed esistono giudici che sanno interpretare le mutazioni dei costumi e delle sensibilità, impedendo che alcuni cittadini restino senza diritti, condannati all’invisibilità e all’inesistenza civile.
Così è stato nella storia recente per i diritti delle donne, per i diritti dei lavoratori, per quelli di tante coppie di fatto. Ora una sentenza altrettanto innovativa e coraggiosa, questa volta in materia di omofobia, è arrivata dal Veneto, dove un giudice, anzi una giudice, ha condannato un’impresa per aver incentivato, incoraggiato e protetto una vera e propria campagna di mobbing, di persecuzione nei confronti di un dipendente reo di essere “un omosessuale dichiarato”, dunque una sorta di disturbatore della pubblica quiete in un Veneto berlusconiano che poco ha da dire sui bunga bunga del presidente, ma non può sopportare gli omosessuali, o almeno quelli dichiarati, perchè la doppia etica prevede che l’omosessualità possa essere accettata purchè “in casa e non conclamata”.
L’episodio e soprattutto la sentenza ci è stata segnalata da Ugo Dinello, un coraggioso e sensibile giornalista veneziano, ricco di passione civile e intransigente difensore dei diritti di libertà e di autodeterminazione.