Nel giorno in cui Woody Allen annuncia ufficialmente che sarà lui il protagonista del suo prossimo film, “The Bop Decameron” insieme a Jesse Eisenberg, Greta Gerwig, Alec Baldwin, Ellen Page, Penelope Cruz e Judy Davis, inizio riprese a Roma, il prossimo 11 luglio, è un Roberto Benigni irresistibile quello che si presenta sul palco a Bologna, in piazza Maggiore.

Entra ed esce come un folletto, rotea la mano destra saltellando su e giù sul classico parquet di legno che fa da sfondo allo spettacolo di Tutto Dante da almeno quattro anni, ma poi stupisce, come sempre. Parla in dialetto, recita in dialetto, spara battute a raffica sulla classe dirigente bolognese e sulla Bologna che è diventata un pochino anche “sua”.

Sa fagna? Andagna o stagna?“. “Cosa facciamo? Andiamo o stiamo?”. Prima di iniziare la lettura del XXXIII canto dellì’Inferno, quello sul conte Ugolino, Benigni, dedica almeno una ventina di minuti di monologo al caro capoluogo emiliano, condito di fulminanti battute non-sense come ai bei tempi, quando ancora non si dilettava nella presa in giro dei politici.

La gag sull’uso bolognese della parola “altro” dal droghiere è un vero capolavoro di deformante e acuta comicità. Benigni che viaggia tra i negozi della città e ogni volta affronta il dialogo surreale tra commerciante e vecchino: “Vuole altro?”, “altro”, ma nulla viene venduto.  Solo chi è bolognese può capirla, è una gag che in realtà in giro per botteghe si ripete ogni giorno. La risposta altro sta per niente altro. E qui la risata dei quattromila è qualcosa di puro e sincero.

Galvani, Marconi, Guinizelli, Beppe Maniglia“, così si apre la carrellata sui personaggi storici di Bologna. “Altro che Pontida! Ma li avete visti ieri? Calderoli aveva la camicia verde, i pantaloni rossi, la giacca marrone. Soccia che maragli! Che rozzi, tradotto.

Ma è con il mazzo di fiori che si fa portare subito da una signora della platea che sbeffeggia il neosindaco Merola, dopo che quest’ultimo ha scelto di avvantaggiare le coppie sposate nelle graduatorie comunali rispetto alle coppie di fatto: “Sono i fiori del mio matrimonio. So che qua a Bologna gli sposati valgono di più. Virginio! Non lo sapete, ma il sindaco l’ha fatto per l’Udc, per Casini che si è sposato così tante volte, ha detto così tanti sì, che sembra un referendum”.

E ancora: “Questo è l’anno degli avversari: 110 anni della Fiom, 150 anni dell’Italia, 200 anni per progettare il Civis! Pensate che perfino Dante lo citava: habemus civis”.

Benigni è un fiume in piena, si diverte e si solleva grazie alla brezza fresca del Pavaglione: “Tutti i nemici di Berlusconi vengono da Bologna: Prodi, l’unico che alle elezioni lo ha battuto; Enzo Biagi; Casini e Fini. Pensate che Bersani fa apposta a parlare in dialetto emiliano, in verità lui è calabrese. Berlusconi brisa fer l’esen! Di ban so fantesma!” che suona come, “Berlusconi non fare l’asino, e dimmi quello che hai da dire, grullo”.

Infine un fuoco di fila sul presidente del consiglio: “Berlusconi ha comprato una casa a Lampedusa? Ma pensate a quanti barconi arriveranno con sopra le escort. Comunque auguro a Silvio di festeggiare i suoi cent’anni in modo da poter fare un bilancio della sua vita, ovviamente falso”. Senza dimenticare un’altra spassosa gag sul batterio killer che in Germania ha mietuto decine di vittime: “Prima il microscopio ha stabilito che il batterio era nei cetrioli, poi nella soia, poi negli hamburger. Alla fine si è scoperto che il batterio stava nel microscopio”.

Ed ecco che tocca a Dante, a quel canto del passato che diventa parallelo con la realtà del presente, il numero XXXIII, quello del dolore più estremo. Così il comico, irresistibile, si trasforma in serio esegeta, appassionato, anche se ancora per tornare ai bolognesi: “Dante ne ha messi tanti dentro la Divina Commedia. Peccato fossero tutti all’Inferno in mezzo ai ruffiani”.

La foto è di Roberto Serra

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