“Intendo ora chiarire la ragione per la quale nel corso degli anni mi sono trovato costreotto a versare del denaro al sistema dei partiti e anche chiarire perché ora intendo riferire tutto ciò all’autorità giudiziaria. Sotto questo secondo aspetto mi sono reso conto in questi mesi che vi è un fermento di trasparenza in Italia sotto l’incalzare dell’autorità giudiziaria tale da avermi fatto capire che il sistema è comunque finito.
E allora vista l’ineluttabilità della cosa, come imprenditore e cittadino, ritengo più giusto che si arrivi a un chiarimento complessivo dei rapporti tra imprese e partiti onde superare questa fase di stallo che si è tradotta in una paralisi totale delle attività imprenditoriali e così riprendere il cammino sotto l’aspetto dell’efficienza e della trasparenza e quindi sotto il principio cardine dell’economia pur cui deve vincere il migliore e non il più raccomandato.
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Fui convocato un giorno dall’onorevole Balzamo, segretario amministrativo del Psi, il quale dove avermi richiesto notizie sulla Techint, mi spiegò di essere a conoscenza dell’allapalto che ci eravamo aggiudicati e che se volevamo la tranquillità nella gestione del predetto appalto e in futuro la possibilità di poter concorrere ad altri appalti di enti pubblici senza essere discriminati dovevamo adeguarci a pagare delle somme di denaro al partito socialista italiano. Il Balzamo mi spiegò che ormai il Psi aveva inserito in tutti i posti chiave ai ruoli di comando delle pubbliche amministrazioni più importanti suoi uomini, i quali a richiesta della segreteria nazionale del Psi erano in grado di “stoppare qualsiasi iniziativa del gruppo Techint” qualora non ci fossimo adeguati a entrare nel sistema. In altri termini mi fece chiaramente intendere che il pagamento di denaro al Psi (che era poi l’ago della bilancia sia all’interno dei singoli enti che all’interno del sistema dei partiti in generale) era condizione indispensabile, necessaria e insostituibile per poter essere presenti imprenditorialmente nei mercati italiani e non solo italiani.
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Ci fu anche un intervento dell’onorevole Citaristi per conto della Democrazia Cristiana. Mi spiego. Un giorno mi chiama l’onorevole Balzamo e mi dice che Citaristi (Severino Citaristi, tesoriere della Dc, ndr) mi vuole vedere, facendomi capire che anche la Dc vuole del denaro. Io mi dimostrai contrariato perché credevo che ognuno dei due partiti gestisse determinate imprese e comunque non potevo dire di no per evitare ripercussioni.
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Le cose improvvisamente si complicarono ancora di più. Un giorno vengo convocato a Roma da uno dei collaborati dell’onorevole Balzamo che mi chiede spiegazioni su cosa potessi io aver fatto all’onorevole Craxi. In particolare mi riferì che alcune sere prima all’hotel Raphael di Roma, alla presenza e sotto la direzione dell’onorevole Craxi, c’era stata una riunione durante una cena, o un pranzo non ricordo bene, durante il quale aveva sentito l’onorevole Craxi sbraitare contro la Techint e me personalmente in quanto “non affidabili, non rispettosi degli impegni economici, ….. facevo il furbo….” insomma facendomi capire che l’onorevole Craxi aveva espresso uno “sgradimento” nei miei confronti tale che mi fece temere un boicottaggio generalizzato nei confronti della Techint. A quell’epoca il potere dell’onorevole Craxi era tale da incutere terrore negli imprenditori ed io temevo fortemente per lo sviluppo e la stessa sopravvivenza dell’azienda che dirigevo”.