A Napoli la chiamano ‘pezza a colori’. Quando pur di tappare un buco ci metti sopra la prima stoffa che ti capita. L’emergenza rifiuti si sta affrontando così. Con le pezze, con provvedimenti tampone che emani senza sapere bene come, e quando, e se. Si naviga a vista. Un sito di trasferenza (impianto nel quale è convogliato il rifiuto indifferenziato da inviare successivamente alla selezione e trattamento) aperto nel pomeriggio non sai se durerà sino a sera. Come a Caivano, dove il sindaco Antonio Falco con un’ordinanza ha impedito ai mezzi dell’Asìa di entrare nel capannone della municipalizzata “Ambiente ed Energia”. Quello spazio doveva accogliere i residui secchi e umidi che paralizzano il funzionamento degli stir, il cui blocco è la causa dell’aggravarsi della crisi. Il Tar ha accolto il ricorso dell’amministrazione provinciale e ha sospeso l’ordinanza di Falco.
In tarda serata la Regione Campania annuncia, con prudenza, che la spazzatura di Napoli verrà parzialmente conferita nelle altre province, per un massimo di 700-800 tonnellate al giorno. Una deroga. Che il governatore Pdl Stefano Caldoro ha concordato con i rappresentanti delle province campane senza emanare ordinanze che pure rientrerebbero nei suoi poteri ma che avrebbero inasprito il clima. E’ un tentativo. E ovviamente è silenzio sui dettagli dell’intesa. La paura è la solita: quella di trovare centinaia di manifestanti ad ostacolare l’arrivo dei camion dell’immondizia napoletana. A questa se ne aggiunge un’altra, che l’accordo salti comunque per i repentini dietrofront di qualche amministratore locale pressato dalle proteste dei loro elettori. La nota della Regione definisce l’intesa un “estremo tentativo limitato nel tempo che, in assenza del provvedimento del governo ancora sollecitato (il decreto per trasportare la monnezza fuori regione, ndr), non potrà che comportare lo stato di emergenza”.
Solidarietà. E’ la parola assente nel vocabolario dell’ennesima crisi spazzatura. Parola sconosciuta alla Lega Nord, che impedisce a Berlusconi di emanare il decreto salva-Napoli. Parola difficile da far pronunciare agli amministratori del casertano e dell’area irpina, riottosi ad aprire nuovi impianti o a concedere quelli già in uso per i loro territori, nell’ambito della provincializzazione del ciclo dei rifiuti imposta da una legge nazionale voluta dal duo Berlusconi-Bertolaso. “Abbiamo già dato” dicono i casertani, avvelenati da decenni di sversamenti, autorizzati e abusivi (soprattutto abusivi). Ad Avellino c’è il niet di Ciriaco De Mita, padre-padrone dell’Udc, alleato in Regione e nelle province col Pdl. Suo nipote, Giuseppe De Mita, è il vice di Caldoro.
Ed è in questo contesto che maturano le parole di rabbia del sindaco di Napoli Luigi de Magistris: “Se il governo, la Regione e la Provincia abbandoneranno Napoli a se stessa, i cittadini e l’amministrazione agiranno di conseguenza. Il sindaco, il vice-sindaco Tommaso Sodano e tutta la Giunta stanno già lavorando ad un Piano alternativo fondato sull’autonomia della città che, senza se e senza ma, deve essere – e lo sarà – pulita dai rifiuti, anche per attuare quanto stabilito dalla prima delibera approvata in Giunta in merito all’estensione della raccolta differenziata a tutto il territorio cittadino”. Farà da solo, il sindaco, messo in croce per aver detto che in cinque giorni, entro oggi, la sua città sarebbe stata ripulita. “Napoli sarà liberata dai rifiuti – ribadisce de Magistris – nonostante il tentativo di sabotaggio messo in atto in queste ore da ‘certi ambienti’ refrattari ad accettare la svolta politica che stiamo attuando nella città. Quando parlo di ‘certi ambienti’ non escludo ovviamente il crimine organizzato perché non può sfuggire il dato che in alcune zone la raccolta dei rifiuti è stata possibile, mentre in altre no. Per questo, sono stati segnalati episodi oscuri verificatisi negli ultimi giorni ed è stato disposto un maggiore controllo a garanzia dei mezzi preposti alla raccolta dell’immondizia”.
E Napoli lentamente affoga, tra roghi e quasi 3.000 tonnellate di rifiuti. Ieri un ristoratore di via Speranzella, nel centro storico, ha chiuso per sempre la trattoria ‘Antica Capri’. Impossibile lavorare con tanta monnezza intorno. Su una montagnola di sacchetti neri in via Monte di Dio campeggiava un cartello scritto in arancione: “Presidente Napolitano, venga a vedere come è ridotta la strada dove anche lei abitava”.