Gran parte delle centrali atomiche degli Stati Uniti, almeno quelle più vecchie, sono un vero e proprio colabrodo. Secondo quanto emerge da una inchiesta elaborata dalla Associated press in collaborazione con la Nuclear Regulatory Commission (NRC), l’agenzia Usa di sicurezza nucleare, in 48 siti nucleari su 65 c’è una perdita di trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. Sotto le vecchie centrali costruite negli anni ‘60 e ’70 ci sono infatti chilometri di tubazioni che stanno letteralmente andando in pezzi. Tre quarti degli impianti americani hanno vissuto episodi di riversamento di trizio nelle falde acquifere attraverso tubature interrate che si sono corrose con il passare degli anni. L’indagine prende in esame gli impianti sotto il profilo della sicurezza e dell’invecchiamento delle strutture svelando tutta la fragilità dell’industria nucleare civile americana. Un’industria che, proprio nel momento del suo rilancio, fortemente sostenuto dal presidente Barack Obama e dal suo ministro per l’Energia Stephen Chu, aveva già dovuto fare i conti prima con la crisi dei subprime, poi con la tragedia di Fukushima dell’11 marzo scorso.
Come se già non fossero sufficienti i danni causati dal passare del tempo, sulla sicurezza nucleare americana pesa anche il rischio di calamità naturale. Proprio in questi giorni le acque del fiume Missouri hanno raggiunto livelli di piena da record e due impianti nucleari del Nebraska potrebbero essere esposti al rischio alluvione. Nei giorni scorsi, la Omaha Public Power District ha notificato alla centrale di Fort Calhoun un allarme per “eventi inusuali”, il primo livello di una scala di quattro sugli standard di sicurezza dell’industria nucleare americana. Se la piena dovesse infiltrarsi sotto gli impianti potrebbe favorire nuove perdite di materiale radioattivo.
Normalmente dalle centrali nucleari vengono emesse piccole quantità di trizio e altri contaminanti, che sono però controllate e monitorate nell’ambito delle regole dell’NRC. Non sono permesse invece, perdite dalle tubature che però, sono state intaccate – specie quelle più sotterranee – dalla ruggine. Questo processo è andato avanti per decenni, soprattutto in quei reattori che risalgono al boom delle centrali degli anni Sessanta e Settanta.
Nel rapporto si legge che nonostante governo e industria si siano accordate per tenere sotto controllo queste “falle”, negli anni sono diventate sempre più frequenti e diffuse. Fra il 2000 e il 2010, si sono contate 38 perdite di trizio da tubature sotterranee. Circa due terzi si sono verificate negli ultimi 5 anni. In un complesso dell’Alabama, ad esempio, nell’aprile del 2010 il terreno ha subito la contaminazione da parte di una tanica che conteneva circa 4000 litri di acqua contaminata con 2 milioni di picocurie per litro. Nelle acque potabili questo avrebbe potuto significare un superamento di 100 volte dello standard di salute stabilito dalla U.S. Environmental Protection Agency (EPA). In un sito a ovest di Chicago è stata accidentalmente rilasciata acqua contenente trizio a una concentrazione di 715 mila picocurie per litro: 36 volte oltre i limiti EPA.
Secondo l’ultimo rapporto, in almeno 37 centrali si sarebbe riscontrata la presenza di trizio in quantità centinaia di volte superiori ai limiti stabiliti dalle leggi federali. Nella maggior parte dei casi, si tratta di perdite limitate circoscritte all’impianto, ma in alcuni casi sono arrivate anche oltre i suoi confini. In nessun caso, comunque, si parla di raggiungimento delle riserve idriche di acqua pubblica..
Secondo un rapporto della National Academy of Sciences, anche una lieve esposizione alla radioattività è nociva per l’uomo e incrementa il rischio di cancro. I legislatori americani, tuttavia, hanno stabilito un limite alla quantità di trizio che può essere presente nelle acque potabili. Finora la posizione ufficiale di industria e autorità federali è consistita nell’affermare che le perdite di trizio non costituiscono una minaccia per la salute umana.
Ma non è tutto. Il rapporto ha svelato che le fughe, a volte, possono rimanere nascoste per anni. Molte delle tubature, o dei serbatoi danneggiati, vengono “rattoppati” e le acque o i campioni di suolo contaminati vengono rimossi. Ma altre crepe compaiono più tardi, in tubature vicine. Certamente, si legge sempre nel documento, alla base di alcune di queste perdite c’è l’inadeguatezza dei materiali impiegati, ma la causa principale rimane la corrosione causata da decenni di uso. Nella storia dell’industria degli Stati Uniti, ricordano gli attivisti dello Union of Concerned Scientists, sono più di 400 le perdite radioattive (di tutti i tipi) registrate.
Uno dei problemi principali è rappresentato dal fatto che è difficile determinare con precisione la quantità di trizio permeata nelle falde acquifere sotterranee. Questo elemento penetra nel suolo rapidamente e la sua individuazione è spesso segnale della presenza di isotopi radioattivi ben più potenti e quindi dannosi. Ad esempio, quattro anni fa in un impianto a Fort Clahoun, Omaha, il trizio fu scoperto in compagnia del cesio-137 mentre due anni prima, a circa 40 chilometri da New York City, nella centrale di Indian Point, fu trovato in associazione con lo stronzio-90.
di Stefano Pisani – Pianetascienza