Nella borsa il vocabolario, qualche penna. E zuccheri, ovviamente, per sostenere la prima prova dell’esame di maturità. In fondo, pur nella nostra diversità, siamo un po’ tutti uguali, davanti al cancello chiuso, in attesa di un cenno per entrare in palestra o nei corridoi.
Appena, finalmente, arrivano le tracce, la scelta non è difficile. Esclusa a priori l’analisi testuale (sono dell’idea che difficilmente si possa rendere la grandezza di un testo e di un autore rispondendo a domande stilistiche), passo ai testi dei saggi brevi, escludendone la maggior parte. Poi, il titolo: “Destra e sinistra”. Leggo il nome di Bobbio e me ne interesso, poi il testo successivo, che leggo fino ad arrivare al nome dell’autore: Marcello Veneziani. Non mi scomodo a leggere il passo successivo, limitandomi a scorgere la firma di Angelo Panebianco: non fa per me. L’anno scorso Mussolini come un esaltatore di giovani (il discorso era quello in cui il duce si assumeva la responsabilità politica dell’omicidio di Matteotti, ma forse al ministero non ci avevano fatto caso), due anni fa Alberoni accostato a Dante sull’amore: l’anno prossimo per l’analisi testuale ci sarà una poesia di Bondi su Cicchitto, penso.
Alla fine decido di dedicarmi al testo di ordine generale, che parte dalla frase di Andy Warhol (“Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per quindici minuti”) per analizzare il concetto di “fama” nella società odierna, attraverso reality show e social network.
Quando termino, dopo meno di quattro ore, mi assalgono mille dubbi che scoprirò nel pomeriggio essere comuni a molti miei compagni. Ma ormai non c’è più tempo per preoccuparsi delle prove passate. Anche latino è andato (non egregiamente, ma Seneca non è sempre agevole per i giovani traduttori) e ora è tempo di ripassare gli interi programmi per la terza prova, lunedì.
E noi alunni ci scopriamo sempre più complici, consapevoli di doverci salutare tra non molto. Filo diretto al pomeriggio, tra Facebook e Skype, per confrontare appunti, programmi e conoscenze. E, tra un ripasso e l’altro, si cerca di capire, dalla fisionomia e dagli atteggiamenti, il carattere dei commissari esterni, mentre si scopre l’umanità, che si era intuita durante gli anni, degli ormai ex professori. Si apprezzano poi, ancor più del solito, le bidelle, che lasciano un cioccolatino sul banco, prima della versione.
Certo, non è che la ami questa maturità. Sembra valutare poco il mio impegno: solo venticinque punti su cento dipendono dalla media degli ultimi tre anni, il resto si gioca in due settimane o poco più e non valuta le emozioni, le difficoltà, gli interessi. Ma mi hanno insegnato che tutto insegna qualcosa e allora anche da questa esperienza qualcosa resterà.
Quanto al risultato, ripeto mentalmente un passo di una conferenza di Sartre, di cui ho letto con piacere la trascrizione, in quest’ultimo anno di liceo: “Sarò senza illusioni e farò quel che posso”.