Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità garante per la privacy non ha esattamente il physique du role della Cassandra di mitologica memoria ma, ad ascoltare la Relazione annuale pronunciata ieri a Montecitorio sembra condividerne, con il suo ufficio, almeno il destino. Nel corso della Relazione, infatti, rivolgendosi al presidente della Camera, al Governo e alle Autorità presenti è stato costretto a ricordare più volte, senza giri di parole né ambiguità, che Parlamento e Governo continuano a legiferare in materia di privacy, disattendendo i pareri e le opinioni del Garante.
Lo ha fatto una prima volta a proposito della nuova disciplina sul telemarketing ricordando come “con una innovazione legislativa che non ha incontrato il nostro favore ma alla quale ci siamo dovuti adeguare, il legislatore ha modificato la normativa che vietava di fare telefonate a contenuto commerciale senza un preventivo consenso dell’abbonato. Oggi chiunque può ricevere chiamate a fini di marketing, e la sola difesa possibile è quella di iscriversi ad un apposito registro delle opposizioni, sul cui funzionamento anche il Garante è chiamato a vigilare.”
Ha poi continuato Pizzetti: “L’esperienza di questi mesi sta manifestando limiti e difetti maggiori di quanto previsto. Da febbraio abbiamo già ricevuto centinaia di proteste, più del doppio di tutto il 2010, e più del novanta per cento riguardano proprio la violazione del registro delle opposizioni. Stanno emergendo non solo i limiti del sistema e del suo funzionamento, ma anche la difficoltà di definire la catena delle responsabilità di fronte a trattamenti che vedono coinvolti una pluralità di soggetti, dalle imprese interessate ai call center. La giustificata irritazione degli utenti cresce ogni giorno di più, e raggiunge il massimo dell’intollerabilità per chi, pur essendosi iscritto al registro, continua lo stesso ad essere disturbato”. Difficile essere più chiari.
Il Parlamento ha varato un’importante modifica del quadro normativo vigente, ignorando il parere contrario del Garante e ha finito con il creare la situazione che oggi Pizzetti denuncia: gli utenti e i consumatori si sentono – a prescindere dal fatto che lo siano sul serio o no – meno tutelati di ieri e si rivolgono più spesso di ieri all’Autorità, determinando così oneri e costi di gestione delle procedure che, in ultima analisi, gravano sul sistema Paese. Forse, la prossima volta, varrebbe la pena che i decisori ascoltassero di più la posizione dell’Autorità indipendente cui la legge attribuisce una specifica competenza nella materia oggetto di normazione. Ma le “urla” della Cassandra sembrano destinate a continuare a cadere nel vuoto.
Proprio mentre il Garante ammonisce il Governo sull’inopportunità di varare tutta una serie di modifiche alla disciplina sulla privacy contenute nel decreto Sviluppo, infatti, da Palazzo Chigi si sceglie di mettere la fiducia sulla legge di conversione del decreto, determinando così l’immediata approvazione delle nuove disposizioni anti-privacy. Inutile, anche al riguardo, parafrasare Pizzetti, più chiaro che mai: “Per quanto riguarda le misure contenute nel recente decreto Sviluppo siamo molto franchi: esse comportano modifiche al nostro Codice che, nella forma attuale, sono per molti aspetti inaccettabili. Abbiamo già espresso le nostre perplessità e critiche nell’audizione alla Camera e anche pubblicamente. Si tratta di norme che, oltre ad essere tecnicamente discutibili, causano un sostanziale svuotamento del Codice in alcuni settori, e un indebolimento della tutela dei cittadini in altri. Molte di queste norme ottengono anche un effetto opposto a quello voluto: invece di semplificare l’attività degli operatori, rischiano di aumentare le occasioni di contenzioso, i costi legali e, soprattutto, i trattamenti che possono provocare danni alle imprese e agli interessati. Sappiamo che le nostre osservazioni sono state prese in considerazione, anche dal Governo – si augura Pizzetti, evidentemente, non ancora informato di quanto stava accadendo tra il Parlamento e Palazzo Chigi – Auspichiamo che la legge di conversione rifletta le nostre richieste”.
Il resto della storia racconta che il 21 giugno la Camera dei deputati ha approvato il testo della legge di conversione del decreto Sviluppo con a bordo le disposizioni sulle quali il Garante auspicava un ripensamento del Governo. Anche questa volta, le “urla” non sono valse a fermare il Parlamento e il Governo che hanno semplicemente ignorato il parere del Garante. Viene davvero da chiedersi – a prescindere da chi abbia torto o ragione – a che serve avere un’Autorità garante per la privacy se poi, sistematicamente, se ne ignora la posizione e si procede come se non esistesse.