“Dopo Napoli, è ora di liberare Palermo. Io ci sono”. Così inizia la mia intervista al numero di Vanity Fair in edicola. Ed è così che rispondo a tutti coloro che in queste ore stanno inviando centinaia di mail e si stanno iscrivendo al gruppo creato su Facebook da alcuni miei sostenitori: “Sonia Alfano Sindaco per Palermo”, che ha già raggiunto circa 700 adesioni.
Certo, l’entusiasmo che ha accolto la mia disponibilità, perché di questo si tratta per adesso, mi ha costretta a prendere sempre maggiormente in considerazione l’idea di candidarmi alla guida della mia città.
Per una persona che intende la politica come una cosa nobile, quasi sacra, che disprezza profondamente gli affarismi e coloro che vivono di politica, queste scelte non sono mai facili. Per questa ragione, in questo momento, mi sto limitando a guardare attentamente quello che accade intorno a me. Posso soltanto dire che, ora come ora, il mio obiettivo principale è quello di continuare a lavorare bene al Parlamento Europeo e farlo sempre meglio, nonostante le pseudo classifiche dei buoni e dei cattivi parlamentari stilate arbitrariamente da qualcuno con il dente avvelenato. Dopo, l’ho sempre detto, potrei anche tornare al mio lavoro, che mi manca molto, e alla mia famiglia, che mi manca ancora di più. Certo, adesso, però, c’è Palermo…
E Palermo è Palermo. Una città bellissima e disgraziata, come Paolo Borsellino definiva la Sicilia. Quella città che a lui non piaceva ma che ha imparato ad amare. E che invece io ho amato profondamente sin da quando mi ha accolta quasi da “profuga”, quando pochi giorni dopo l’omicidio di mio padre arrivammo, quasi scappando, da Barcellona Pozzo di Gotto. Con le valige riempite con le prime cose che avevamo sottomano, con il cuore a pezzi e con la paura addosso.
Da allora ho imparato a conoscere la sua gente, le sue strade, i suoi umori, i suoi stati d’animo. E’ una città con un potenziale enorme, forse inimmaginabile, ma con problemi gravissimi che per qualcuno si sono trasformati in fonte di guadagno.
In questi giorni, perché nasconderlo, sono stata contattata da persone che hanno già lanciato la propria candidatura e da persone vicine ad altre che sono in procinto di farlo e che giocano al “nascondino del sindaco”, al “gioco delle tre carte”; mi cercano come se volessero accertarsi che alla fine io non lo faccia. A tutti loro posso solo dire: pensiamo ad elaborare un progetto e un programma serio e condiviso per la città di Palermo, perché questa città e soprattutto i palermitani hanno bisogno di credere in qualcosa di nuovo, ma per farlo devono essere fortemente motivati.
Sarebbe bello pensare a candidati nuovi, che vanno al di là di strategie pseudo nuove che in realtà sono vecchie come la cara “acqua calda”. Se qualcuno pensa che la mia eventuale candidatura serva a rompere le “scatole” o a “sparigliare” le carte, beh, forse è anche questo; ma è soprattutto la voglia di credere in un cambiamento possibile anche in questa città. E’ vero, però, che c’è anche la voglia di rovinare il gioco ai signori che pensano di avere già vinto. Lo so, non godo dell’appoggio degli apparati e dei partiti, partirei svantaggiata, ma non mi importerebbe: avrei bisogno solo e soltanto della condivisione del popolo palermitano.
E’ una città, questa, che ha smesso di sognare. Le famiglie dei quartieri dimenticati hanno, come unici pensieri, quello di non morire di fame, di non farsi occupare la casa, di svegliarsi la mattina e cominciare a correre per portare a casa un pezzo di pane. E’ una città che ha finalmente capito come Cosa nostra abbia devastato e distrutto il suo futuro, con il grande aiuto di una classe politica che in molti casi era stata voluta proprio dalla mafia.
In queste notti ho molto riflettuto sulla delicatezza del ruolo di sindaco in questa città. E credo che servano due componenti fondamentali: il coraggio e l’onestà. Credo di non difettare in nessuno dei due. E credo che partendo da ciò questa città tornerà grande, tornerà a sognare.
Quindi alla domanda che in questi giorni sento da ogni parte, “ti candiderai?”, rispondo sempre allo stesso modo: “io ci sono”. Tirarsi indietro sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti dei miei concittadini, che sono stanchi di un centrodestra criminale ed incompetente e di un’opposizione assolutamente inconsistente. Io non sono una vigliacca. So che sarà una battaglia durissima, ma la vittoria di Luigi de Magistris a Napoli insegna che a decidere, alla fine, è la gente. E io della mia gente mi fido.
Io ci sarò, se Palermo mi vorrà, io ci sarò.