Pellicola diretta dal parmense Bernardo Bertolucci nel 1970, interpretata da Jean-Louis Trintingnant, Dominique Sanda e Stefania Sandrelli, Il Conformista è per molti l’abc di una nuova sintesi del filmare, la modernità di uno stile e di un impegno “politico” tra il ’68 e il ’77 italiano.
Impossibile non ricordare come il pendolo della drammaturgia ne Il conformista oscilli con maestria tra due grandi tematiche della poetica bertolucciana: il fascismo e l’omosessualità.
Da un lato, quindi, un personaggio impaurito e disilluso (“Voglio essere normale, sposarmi una donna banale e frivola, che mi dia una casa borghese, dei figli, voglio sentirmi come gli altri, fare quello che fanno gli altri”); dall’altro quel conformismo politico che si riassume all’interno di un ventennio fascista strutturato sull’odio e la violenza, sull’appiattimento culturale e sulla piallatura di ogni diversità sociale, tanto da mettere in risalto il paragone con le atmosfere autoritarie e “conformiste” dell’oggi.
Tratto dal libro di Moravia, girato tra Parigi e Roma con lividi contrasti e monumentali scelte sul posizionamento della macchina da presa del direttore della fotografia Vittorio Storaro, Il Conformista già permette a Bertolucci di diventare celebre a Hollywood grazie ad una nomination come miglior sceneggiatura.
Il protagonista del film, Marcello Clerici (Trintignant) è un giovane professore di filosofia, la cui esistenza è stata segnata da un episodio drammatico: crede di aver ucciso, da ragazzo, Lino Seminara, un autista che ha tentato di avere con lui dei rapporti omosessuali. In seguito, vivrà nella costante ricerca di qualcosa che lo riscatti dal rimorso che l’opprime. Così quando il fascismo prende il potere, Clerici, inseguendo il proprio desiderio di normalità, si butta fra le braccia del regime: una scelta che gli consente di inserirsi in una società che ha nell’ordine e nella disciplina i propri emblemi ed in cui il male e la violenza sono ormai divenuti diffusi modelli di comportamento.
“Era tanto che non rivedevo questo mio film”, ha affermato Bertolucci a Cannes, “un’opera che mi interessa perché parla di un uomo degli anni trenta che vuole essere come tutti gli altri e per questo è fascista. Mi sembra calzante come prospettiva in un periodo come quello attuale”.
Alfiere massimo della protesta antigovernativa sui tagli al cinema dell’ultimo quinquennio, Bertolucci è costretto da alcuni anni ad una difficile esistenza per via di un problema ortopedico che lo limita nei movimenti: “La Cineteca di Bologna ha restaurato molto bene Il Conformista, ci vorrebbe una Cineteca che restaurasse così bene anche me. Ho sempre visto la mia vita come fosse un dolly, e per questo, forse, sono stato punito”. Anche se questo Conformista anni settanta Bertolucci non può che dedicarlo “a tutti gli italiani che hanno ancora la capacità di indignarsi”.
La proiezione in piazza Maggiore sarà introdotta dallo stesso regista parmense.