Rudyard Kipling scriveva: “Che ne sa dell’Inghilterra, chi conosce solo l’Inghilterra?”. Il significato è chiaro: chi vive in un luogo senza uscirne mai, non ne può comprendere al meglio caratteristiche, pregi e difetti, perché un giudizio completo può venire solo dal confronto e dal paragone con altri paesi.
Quando ho deciso di trasferirmi in Irlanda, amici e parenti italiani hanno storto il naso: “Proprio in questo momento?” “Ma in Irlanda c’è la crisi!” “Ma sei sicuro?”. La percezione dell’Irlanda era, dall’Italia, quasi pari a quella di un paese sudamericano al collasso sociale e istituzionale.
Tuttavia, appena arrivato in questo Paese, è stato subito chiaro che l’idea era completamente sbagliata. La qualità della vita, la serietà delle istituzioni, la partecipazione della gente alla vita civile, la grande importanza data a ricerca, ambiente ed energie rinnovabili, non ultima la facilità di trovare posti di lavoro e la consistenza degli stipendi, mi hanno mostrato fin dal primo giorno un Paese che si pone ben al di sopra degli standard italiani.
Eppure, non è facile spiegare la situazione irlandese a chi rimane in Italia ed è convinto di vivere in un Paese che “è un po’ in crisi, ma neanche tanto, e poi c’è chi sta peggio di noi: guardate la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo…”
A volte, il confronto tra Irlanda e Italia mi sembra umiliante per noi italiani e credo che il voler negare l’evidenza sia una sorta di difesa mentale, per evitare di ammettere il baratro in cui l’Italia sta affondando da decenni. Per questo vorrei parlare dell’Irlanda, e per evitare di sembrare di parte o di scambiare emozioni e sensazioni personali per verità assolute, ho cercato dati oggettivi che confermassero o smentissero le mie impressioni.
L’OECD, Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, è un ente indipendente che da 50 anni monitora 34 paesi occidentali, comparandoli tra loro con i più precisi sistemi di rilevamento e analisi. I rapporti dell’OECD fungono da decenni come base per identificare problematiche e potenzialità dei paesi membri e ragionare sulle loro politiche di sviluppo. Ho deciso di prendere questi dati come base su cui ragionare.
Com’è allora il rapporto tra Italia e Irlanda? Chi vince la sfida del paese più “sfigato”?
Innanzitutto la nota più dolente per gli irlandesi: la recente crisi economica è stato un grave colpo per l’Irlanda, facendo superare il livello italiano di persone disoccupate per l’ultimo anno.
Se però confrontiamo i dati in generale, nonostante la crisi, la percentuale di persone in età lavorativa in Irlanda impiegate in un lavoro è del 60%, contro il 57% italiano. Sono entrambi sotto la media, ma l’Irlanda sta comunque un po’ meno peggio dell’Italia (come anche Grecia, Portogallo e Spagna, se è per questo).
Per quanto riguarda la qualità e la quantità delle relazioni sociali all’interno della comunità, l’Irlanda ha il secondo posto della classifica OECD, mentre l’Italia è 29esima su 34. Gli Italiani saranno anche mammoni e legati alla famiglia, ma gli irlandesi hanno un vero tessuto sociale di mutuo aiuto, relazioni, sostegno e supporto reciproco.
Scacco matto dell’Irlanda sull’Italia anche per quello che riguarda il livello di istruzione della popolazione, la tutela dell’ambiente, le proprietà immobiliari, la trasparenza delle istituzioni, l’efficacia del governo, la qualità della sanità, il livello di sicurezza della popolazione rispetto alla criminalità e perfino la soddisfazione personale nella vita: praticamente l’80% dei parametri monitorati dall’OECD.
L’Italia rimane avanti all’Irlanda per il guadagno medio dei nuclei familiari al netto delle tasse e per il livello di occupazione dell’ultimo anno, mentre il rapporto tra lavoro e tempo libero risulta esattamente uguale tra i due paesi.
Morale della favola? Questa non è una gara al ribasso o una sfida a chi sta peggio. È solo un invito a tutti gli Italiani a cercare di osservare il proprio paese dall’esterno e non solo dall’interno, a paragonarlo seriamente con gli altri. Solo prendendo consapevolezza dei nostri problemi potremo provare a risolverli.
Mauro Longo, giornalista freelance in Irlanda