Lui è il ParmaPoesiaFestival, pentolone di poesia estinta ripieno di poeti che di estinguersi non ne vogliono sapere. E’ una settima edizione a lutto per l’assenza dell’ex ministro Sandro Bondi, anch’egli poeta, l’anno scorso un figurone.
E’ in pieno svolgimento. La città è scossa da versi che si direbbero frutto del panico per un buco da cinquecento milioni di euro, versi che dovrebbero essere onomatopee, produzioni gutturali, riflessi biologici di una natura condotta alla perversione, roba da urlo di Munch. Invece son proprio rime, ballate, endecasillabi, ottetti, trimetri giàmbici, quartine, blablazioni culturali. Fuori la peste e dentro si decanta (se almeno fossero vino che evapora…).
Letture, anzi reading (che sennò non ha più senso dedicare l’arena a Shakespeare), performance, teatrocità, marchette dal vivo, siam poeti in un paese in cui non si legge, ma si fa poesia anche se il collasso economico è alla porta, se non ha già a cambiato la serratura di casa.
Tra gli ospiti appaiono dinosauri come Alberto Bevilacqua, che presenta la sua ultima fatica (per non dire di chi ha il coraggio di leggerla). Egli stesso la definisce “un punto d’arrivo”…
Intanto invecchia e gli conviene parlar bene della “sua” Parma, che forse qualche vedova inconsolabile ancora sussulta al “… due più due faranno tre io mi scorderò di te”.
Il cartellone è ricco, ricchissimo, sventola il circo culturale, ma c’è un punto nero, nero come una camicia: il poeta Giosuè Carducci con le sua parole “L’Italia avanti tutto! L’Italia sopra tutto!”, immortalate su una lapide marmorea a celebrare i repubblichini di Salò nel Cimitero della Villetta di Parma lo scorso 2 giugno, giace nei magazzini del comune e non trova spazio nell’ammucchiata delle vanità del ParmaPoesiaFestival.
In manutenzione, dicono della lapide. Peccato: fra tanti versi era il più rappresentativo di questa Giunta.