Lo sostiene Arcadi Oliveres, economista all’università di Barcellona, secondo cui il movimento 15-M ha portato "un vento fresco". Ora l'obiettivo è "cambiare la maniera di lavorare poco democratica dei partiti"
Perché la ‘spanish revolution’ è arrivata proprio ora?
“La goccia determinante è stata provocata da due o tre elementi. La prima è la legge Sinde voluta dalla ministra della Cultura che limita la libertà di espressione nel web e dei social network. L’altra è la crescente protesta dei cittadini che hanno perso le proprie case per non essere riusciti a pagare i mutui. Il tutto si è convogliato in un momento in cui in Spagna eravamo alla vigilia delle elezioni amministrative. Era il momento di esprimersi e le parole che sono emerse sono: ‘Siamo indignati’”.
Non le sembra che il movimento avanzi troppo lentamente?
“No, credo che debba avanzare con calma e in modo riflessivo. Siamo in una fase preliminare dove si deve esercitare quella che possiamo definire la ‘pedagogia politica’. Il movimento è composto soprattutto da giovani con poca preparazione politica. Lo diceva giustamente un mio collega l’altro giorno: ‘Questi ragazzi sono passati dalla playstation alla politica’. Ma siamo di fronte a un cambiamento radicale. Lasciamo passare l’estate. In Spagna, soprattutto nei piccoli paesi in questi mesi ci sono tante feste di piazza, celebrazioni. E’ qui che ci può essere un nuovo confronto tra i cittadini. Diamo tempo al movimento di crescere. Non sarà difficile al rientro focalizzare 5 o 6 punti su cui proseguire la lotta”.
Ne ha in mente qualcuno?
“Mi sembra importante che sia già emersa la detrazione degli interessi passivi sui mutui ipotecari. Qui, a differenza degli Stati Uniti, nel caso la banca espropri un appartamento per un mutuo insolvente, il cittadino oltre a restare senza casa deve pagare un debito. E’ inammissibile. Ci vuole una petizione urgente per cancellare questa ingiustizia. Altro tema in discussione è la riforma della legge elettorale. Le liste per le consultazioni non devono essere limitate ai partiti politici”.
C’è chi definisce il movimento anti politico.
“Quando in piazza gli indignados gridano ‘Non ci rappresentate’ non sono contro la politica ma contro dei vertici che non ascoltano. Alle conferenze che ho svolto negli accampamenti lo ho ribadito più volte, è necessario nei prossimi mesi creare un dialogo con chi ha responsabilità politica. Gli slogan non portano da nessuna parte. Dobbiamo, come cittadini riuscire a cambiare gli obiettivi, le rivendicazioni e la maniera di lavorare che è sicuramente poco democratica dei partiti politici. Tutti questi passaggi vanno fatti, ma per arrivare ad un cambiamento occorre costruire un ponte tra il movimento dei cittadini e il mondo politico. Ovviamente di più con alcuni partiti piuttosto che con altri”.
I socialisti spagnoli sono in grado di farlo?
“Dubito. In Spagna il partito socialista non solo ora ma anche in passato, da ben 29 anni, ha dimostrato di essere una formazione di destra. Lo ha dimostrato Felipe Gonzales, che malgrado i suoi discorsi di sinistra, nella pratica sia politica sia economica è stato a destra. Il Psoe ha fatto avanzare il paese solo sui diritti civili delle famiglie. Non mi stupisce quando gli elettori socialisti sono compianti da tutti: sono stati totalmente ingannati dai propri leader”.
In che senso gli indignados hanno portato un vento fresco?
“Gli spagnoli, negli ultimi anni sono cresciuti tra televisione e calcio. Dal lunedì alla domenica ogni giorno viene data in pasto ai cittadini una partita. Un buon mezzo per rimbecillire le menti. Per questo considero il movimento fresco, siamo di fronte al risveglio delle coscienze. In questi mesi d’estate crescerà, e l’autunno sarà caldo”.