Elettrosmog vicino alla zona dove sono gli impianti di trasmissione di 11 radio e sette tv, al colle dell'Osservanza. Dovevano essere spostate, ma tre sindaci non hanno fatto niente. "Solo promesse", spiega il medico che ha in cura i pazienti
Anche la Provincia di Bologna aveva detto che così non andava bene e che era necessaria una riorganizzazione degli impianti. Ma i residenti, ad oggi, aspettano ancora “il risanamento previsto dal Piano di localizzazione delle emittenti radiotelevisive (Plert), che prevedeva il trasferimento delle antenne da qui come dal colle di San Luca”, spiega Ranuzzi. Su disposizione della Regione, infatti, la Palazzo Malvezzi si è dotato di questo piano e l’ha approvato nel dicembre 2007, “dopo ben sette anni rispetto alla Legge regionale, che pure chiedeva di compilare il Plert entro un anno”, sottolinea il medico dell’Osservanza. Poi, la mossa successiva sarebbe toccata al Comune di Bologna, che avrebbe dovuto recepire e mettere in atto le disposizioni del Plert. “Ma l’allora assessore alla Sanità della giunta Cofferati, Giuseppe Paruolo, non fece niente. Delbono, allo stesso modo non ha fatto nulla, e così pure il commissario Cancellieri. Aspettiamo di vedere cosa farà il nuovo sindaco Virginio Merola”, dice Ranuzzi. A conti fatti, sono passati 11 anni e non è cambiato quasi nulla.
“Il Plert, in accordo con le finalità espresse dalla legge regionale del 2000, persegue la riduzione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici – si legge nel documento – l’obiettivo è garantire il rispetto dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici stabiliti dal decreto dell’8 luglio 2003. Il decreto prevede che le aree in cui si ha il superamento del limite di esposizione non siano accessibili alle persone, ad eccezione del personale tecnico per le operazioni di manutenzione degli impianti, mentre per quelle in cui si supera il valore di attenzione la permanenza non deve superare le quattro ore giornaliere”. Altro che quattro ore: nelle aree in cui si supera il valore d’attenzione ci sono abitazioni, scuole e strutture sanitarie.
Il decreto ministeriale del 2003 fissa a 6 V/m (Volt per metro) il limite per il valore di attenzione, cioè “per la protezione da possibili effetti a lungo termine, da rispettarsi all’interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere”.
In altre parole si parla di case, scuole e ospedali, compresi balconi, terrazzi e cortili. Per le esposizioni inferiori alle quattro ore giornaliere, invece, il valore non deve superare i 20 V/m. Gli effetti sulla salute sono ancora oggetto di studio, ma c’è chi parla di insonnia, mal di testa, danni alla tiroide, e addirittura cancro e leucemie. “E’ ormai dimostrato che queste radiazioni danneggiano il cromosoma cellulare. E un cromosoma è danneggiato può portare alla cancerogenesi”, ricorda Ranuzzi.
Nel dicembre 2007, la Provincia attestava che “per i siti di Osservanza e Villa Aldini, il piano di risanamento è in via di completamento, si attendono le misurazioni di Arpa per attestare formalmente l’avvenuto rientro dei campi elettromagnetici nei limiti di legge”. Ma l’Agenzia regionale per la prevenzione e l’ambiente, a distanza di tre e quattro anni ci dice che sul colle dell’Osservanza, le misurazioni 2010 hanno segnalato un superamento del valore di attenzione (non sappiamo di quanto), mentre quelle 2011, effettuate nel campo da calcio della scuola privata, rilevano radiazioni che sfiorano il limite: la forbice va da 3,9 a 5,8 V/m.
Secondo il report pubblicato dall’Arpa lo scorso 24 giugno, l’Osservanza è soltanto una delle 28 località in Emilia-Romagna in cui le centrali elettromagnetiche continuano a sforare i limiti di tollerabilità previsti dalla normativa nazionale. “Per l’anno 2010 si nota un miglioramento per i siti con impianti radio e/o tv: se nel 2009 se ne contavano 31 nel 2010 sono diminuiti a 28”, osserva l’agenzia regionale. Oltre all’Osservanza, in provincia di Bologna ci sono altre tre località dove questo tipo di inquinamento ha superato la soglia di guardia. Si tratta di via di Gaibola, nel cuore del parco dei Gessi (una misurazione del 2005 segnava picchi di oltre 9 V/m nel cortile di una struttura privata), di Monte Donato (sei radio e una tv: le misurazioni del 2006 dalla panchina di un locale segnavano più di 11 V/m) e soprattutto di Monte Grande. Affastellate su questa cima che fa parte del Comune di Castel San Pietro Terme, si contano quasi 50 antenne radio e tv.
Nei pressi degli impianti, le radiazioni arrivano anche a 28 V/m (cioè ben oltre i limiti di esposizione), mentre nella camera da letto di un’abitazione privata nei pressi della zona, i livelli superano i 6 V/m. “Per il sito di Monte Grande è stato riscontrato il superamento del valore di attenzione in corrispondenza dell’abitato di Soprasasso ed il superamento del limite di esposizione in prossimità delle postazioni – diceva la Provincia – l’amministrazione comunale ha ultimato la complessa attività di istruttoria tecnico-amministrativa essenziale per queste procedure (che ha visto coinvolti anche Provincia, Arpa e gestori delle emittenti) ed ha formalmente avviato il procedimento per il risanamento del sito”. Era la fine del 2007. Quattro anni dopo, gli sforamenti dei limiti di legge continuano.
Elena Boromeo