La norma, approvata alla Camera con sì bipartisan, prevede un quinto di donne nei consigli d'amministrazione a partire dal prossimo anno. Un terzo dal 2015. Soddisfatte maggioranza e opposizione. Ma non sono mancate le critiche. Argentin (Pd): "Non c'è niente di peggio". Orsini (Pdl): "Testo illiberale"
Quote rosa anche tra i supermanager. E’ stata approvata oggi alla Camera con un voto bipartisan – 438 sì, 27 no e 64 astenuti – la normativa in base alla quale i consigli d’amministrazione delle aziende quotate in Borsa e delle società a partecipazione pubblica dovranno essere composti da un quinto di donne a partire dal 2012, pari al 20 per cento nel primo mandato. Numero che deve salire a un terzo dal 2015, il 33,3 per cento nel secondo mandato.
“L’Italia ha preso oggi una decisione di portata storica – commenta il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna -, ha fatto un importantissimo passo in avanti sulla strada della valorizzazione del talento e delle energie femminili”. Soddisfazione è stata espressa anche dagli esponenti – uomini e donne – dell’opposizione. Ma non sono mancate le critiche. “Non c’è niente di peggio delle quote – dice Ileana Argentin, deputata Pd, donna e disabile -, lo dico io abituata ad essere una quota per definizione”.
Secondo quanto previsto dalla nuova legge, in caso di inadempienza, le aziende riceveranno una diffida da parte della Consob a reintegrare il cda. Se qualcuno dovesse ancora ostinarsi a un Consiglio al maschile, arriveranno le sanzioni pecuniarie: da 100mila a un milione di euro per i cda e da 20mila a 200mila per i collegi sindacali. Prevista infine la decadenza del consiglio d’amministrazione o degli organi di controllo.
“Un decisivo passo avanti nel cammino delle donne italiane che fa onore a tutto il Parlamento – secondo il ministro del’Ambiente Stefania Prestigiacomo – e che pone la normativa italiana in linea con le più avanzate democrazie europee”. “Un ritardo storico” colmato dalla legge, per il capogruppo del Pd Dario Franceschini. Ma anche un “punto di partenza”, ricorda la deputata democratica Alessia Mosca. “Sono felice perché credo che oggi le donne abbiano raggiunto davvero una situazione di consolidamento per le loro carriere – commenta Lella Golfo del Pdl, prima firmataria della legge -, che era finora insperata”.
Nonostante la soddisfazione bipartisan, non sono mancate le polemiche. Astenuti alle votazioni in aula i Radicali, ma anche diverse donne, soprattutto della maggioranza. “Dico no a un testo che da donna reputerei irrispettoso e da cittadino considero illiberale”, sostiene Andrea Orsini del Pdl. E di “legge illiberale” parla anche Emerenzio Barbieri, anche lui del Pdl. Neanche da sinistra sembrano tutti convinti. “Vorrei che le donne arrivassero ai vertici per quello che valgono – aggiunge la Argenti -, non perché rientrano in quote”. Tra i favorevoli e i contrari, c’è anche chi guarda avanti. Come Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato, secondo cui le aziende “da oggi ha meno alibi – conclude -, ed è chiaro che il prossimo passo è portare più donne in Parlamento”.