“Non è un caso che in ogni competizione elettorale si moltiplichino le lamentele sulle candidature a cui i cittadini sono chiamati a dare il proprio voto perché si sentono espropriati, nelle loro scelte, da decisioni che vengono prese con criteri assolutamente arbitrari e non comprensibili”. Le parole sono di Romano Prodi e lo spartito su cui risuona l’ennesimo monito di “democrazia dal basso” è quello delle primarie.
Prodi non si riferisce alle primarie nazionali per la scelta del leader del centrosinistra, dibattito che da ieri è tornato ad accendersi infuocato tra Vendola e Di Pietro con in mezzo l’utile silenzio del Pd. Il professore parla di primarie regionali. Ovvero della possibilità di selezionare i candidati che diventeranno lista “bloccata” alle prossime (tra tre mesi, un anno, due anni?) elezioni per il rinnovo di Camera e Senato.
Anche se, sulla testa dell’intero schieramento del centrosinistra, pesa il macigno del famigerato “porcellum”: la legge elettorale approvata nel 2005 che abolisce i collegi elettorali uninominali e il voto di preferenza, a livello di circoscrizioni regionali.
Un modo per aggirare il “porcellum” e ristabilire un legame tra territorio ed eletti è il tasto su cui l’ex presidente del consiglio, l’unico che ha sconfitto Berlusconi due volte alle elezioni, batte e ribatte da tempo, rilanciando l’Emilia-Romagna come un “laboratorio della nuova classe dirigente del Pd”.
“Mi rendo conto che tutto ciò significa avere il coraggio di scontentare molti e avere la forza di scomporre e ricomporre il proprio elettorato”, continua Prodi, “ma comprendo anche che la crisi economica sta cambiando percezioni e mentalità. Essa rende più accettabili le proposte innovative e coraggiose che il centro-sinistra deve elaborare per essere ritenuto in grado di governare la nostra società. Un compito difficile, tutto in salita e, in una prima fase, addirittura contro corrente. Tuttavia chi non è capace di nuotare contro corrente non sarà mai in grado di risalire un fiume”.
L’esperimento delle primarie per eleggere “dal basso” i candidati da inserire nel listino voluto dal “porcellum” non è una vera e propria novità in regione. Ad esempio nel 2006, nella provincia di Modena e di Reggio Emilia, il Pd locale indisse una consultazione aperta ai propri iscritti per poi segnalare i vincitori alla segreteria regionale.
“Fu una sperimentazione che andò a buon fine”, racconta l’attuale segretario provinciale del Pd reggiano, Roberto Ferrari, “a Reggio le primarie si svolsero in una giornata e si rivolsero agli iscritti del Pd per scegliere un uomo e una donna da inserire nella lista regionale. Andarono a votare parecchie migliaia di persone. Oggi spero che questo modello venga preso in considerazione dalla segreteria regionale per studiarne un’applicazione in vista delle prossima tornata elettorale”.
“Per quel che mi riguarda i partiti vengono votati per le idee e i programmi che propongono, ma di fronte a questa legge elettorale, come dice anche Prodi, dobbiamo assolutamente intervenire”, spiega Stefano Bonaccini, segretario regionale del Pd, “intanto voglio ricordare che il Pd ha inventato le primarie per la scelta dei sindaci in molte amministrazioni. Tema, quello delle primarie, di cui molti parlano, anche tra i partiti del centrosinistra con cui siamo alleati, senza mai usarlo nel selezionare la propria classe dirigente o i nomi di chi concorrerà alle elezioni nazionali”.
Frecciate di fuoco, quelle di Bonaccini ai propri alleati, anche se i problemi in casa propria non sembrano essere da meno: “Credo che il Pd debba impegnarsi in una riforma che va nel solco delle primarie per almeno tre motivi: per le diverse sensibilità culturali che compongono il nostro partito, per la variegata rappresentanza territoriale che lo contraddistingue, per la presenza obbligatoria di donne negli organi istituzionali dove si prendono decisioni amministrative”.
Anche se i problemi all’apparenza insolubili rimangono sempre gli stessi: quale metodo usare e in che tempi. “A livello di metodo, quindi di divisione dei collegi in cui eleggere i vari candidati provinciali, potremmo partire dalla riproposizione dei vecchi collegi del “mattarellum”. Ad ogni modo nelle prossime settimane cominceremo a studiare un sistema per l’Emilia Romagna per poi presentarlo alla prossima assemblea regionale del Pd e prendere una decisione al più presto”.
“Dietro alle primarie regionali del Pd ci sono troppi supporter dell’ultimo minuto”, chiosa il professore Gianfranco Pasquino, “l’importante però è provvedere ad una cosa. Impedire la classica candidatura paracadutata dall’alto, una vera sciagura per il Pd che si può aggirare con un solo requisito, quello della residenza nel collegio d’elezione del candidato”.
La partita sembra essere ancora lunga e complicata. Ma il fischio d’inizio è già stato dato.