La manovra da oltre 40 miliardi, che i consulenti (precari) del ministro dell’economia Tremonti stanno scrivendo sotto dettatura in queste ore a Roma, è una vera e propria ghigliottina per tutti i precari italiani. La sua lama è montata alla rovescia. Sotto i suoi articoli infatti non cadranno odiosi privilegi e vergognose esenzioni, pensioni oltre i 3 mila euro mensili e stipendi pubblici da 100 mila euro all’anno, ma vittime precarie.
Quella che il ministro socialista Brunetta ha definito la parte peggiore del Paese e che il riformista Padoa Schioppa aveva definito “bamboccioni”, è oggetto di un attacco all’arma bianca. Mascherato dalla quantità di misure più disparate previste, dalla divisione per capitoli, ignorato da giornalisti e media che non hanno interesse a diffondere il panico, ma che ferisce in profondità le carni di intere generazioni precarie. Il dolore brucerà forte, e le ferite non sono più scalfitture ma incidono i tendini, strappano i muscoli: un attacco in piena regola.
Vediamo allora con quali fendenti Tremonti e il Governo, con molte sponde in sindacati e partiti della sedicente opposizione, infieriscono. Il primo colpo diretto, una lama in pieno stomaco, è l’aumento dei contributi all’Inps 2, quella sfigata dei co.co.co e dei contratti a progetto. Quella che non ti dà diritto al sussidio di disoccupazione e nemmeno alla cassa in deroga. Leggasi: ti stanno fregando i soldi, visto che non servirà a dare nemmeno 300 euro al mese di pensione mensile ai precari che a 70 anni saranno ancora in vita. I contributi risucchiati dal 12,5% della retribuzione nel 1999 sono quasi triplicati in meno di 15 anni. Le trattenute dal 27,5% attuale passeranno al 33% della retribuzione. L’aumento secco è del 5,5%. Indovinate chi metterà i soldi? Non saranno certo le imprese ad aumentare del 5,5% le retribuzioni, ma i precari a progetto che vedranno ridursi della stessa cifra i loro compensi mensili.
Lo stop del turn over in tutto l’enorme mare della Pubblica Amministrazione è la seconda coltellata inferta ai precari che si possono scordare la stabilizzazione. Stop del turn over si traduce in stop alle stabilizzazioni visto che di nuovi concorsi non se ne parla nemmeno. Quindi in precarietà permanente, se va bene se no ciccia, per centinaia di migliaia di precari a tempo determinato. Per i precari assunti indirettamente da enti locali, tramite cooperative, agenzie, associazioni, fondazioni e tutte quelle fantastiche invenzioni che sarebbero da chiamare privatizzazioni ma sono state riverniciate col più mite termine di “sussidiarietà”, si prospettano coltellate indirette ancora più pesanti. Saranno subito loro, e non i tempi indeterminati, a subire gli effetti dei tagli ai trasferimenti ai comuni. Cioè ai servizi sociali, non ancora definiti in quantità, ma sicuri.
Anche la “cipponata” indiretta dell’aumento del ticket sulle visite specialistiche colpirà, di striscio, i precari. Mentre la previsione di far pagare i codici bianchi dei pronto soccorsi, è un colpo di punta, che può far molto male a seconda dei casi. Infatti per moltissimi nomadi della precarietà, l’impossibilità di cambiare residenza e medico curante in pochi mesi di contratti, si traduce spesso in difficoltà di farsi curare e ricorso alle medicazioni di Pronto Soccorso. Che d’ora in poi dovranno essere pagate.
Dalle fonti interne al ministero, per ora, non esce di più. Ma sono convinti che in ultima battuta, magari a freddo, sfruttando la disattenzione dei mesi estivi, qualche altro taglio potrà colpire i precari. Destinati ancora una volta a farsi carico dell’ingordigia, delle ruberie e dell’incapacità delle classi dirigenti e sindacali della prima e della seconda repubblica. Obbligati, se vogliono davvero uscire dal futuro/buco nero nel quale li hanno ficcati, ad agire in prima persona. Senza mediatori. Del resto come ti può salvare chi ti ha caricato di debiti ancora prima che tu nascessi? Come fidarsi di chi parla di diritti di ieri, mentre non ha fatto nulla per garantirli oggi ai precari?