Nella città lariana ci sono già uffici e diramazioni locali di ben 13 dicasteri romani che impiegano 25mila dipendenti. E' il federalismo che non ti aspetti. Come i costi che lo Stato sostiene per pagare l'affitto per l'Archivio e per la caserma dei carabinieri: 428mila euro l'anno. Eppure gli spazi liberi ci sono
Due giorni dopo il raduno di Pontida Nicoletta Cottone su Il Sole24Ore quantifica il numero di dipendenti ministeriali che rischiano il trasferimento coatto al Nord: si tratta di 33mila persone su un totale di 174.681. “Attualmente al dipartimento comandato dal Senatur il personale è costituito da 17 persone – scrive Cottone – Da Calderoli operano, invece, 19 persone. In totale dunque a Monza andrebbero in 36 dai due dipartimenti”. Si tratta di “numeri esigui, proprio perché di tratta di dipartimenti e non ministeri, e dunque di un trasferimento di funzioni”. Il più grande dei dicasteri in ballo è quello degli Interni con oltre 20mila dipendenti, di cui 6.748 già al Nord. “Qui l’eventuale massa da trasferire dal centro e dal Mezzogiorno sarebbe di oltre 13mila persone – calcola ancora Il Sole – In ordine di grandezza segue il dicastero dell’Economia, che dovrebbe trasferirsi dallo storico quartier generale di via XX Settembre a Roma a Monza, ospite sempre di Villa Reale. Con i suoi 11.131 dipendenti sparsi fra Centro e Sud”. A Milano, nuova sede del ministero del Lavoro di Maurizio Sacconi, dovrebbero trasferirsi 5.555 dipendenti (più uno all’estero) che ora operano al Centro e al Sud. Indefinita la sede per il ministero dello Sviluppo economico, che concentra solo il 10 per cento dei suoi dipendenti al Nord. Qui il trasferimento interesserebbe 2.983 persone.
A gettare altra benzina sul fuoco ci pensa La Provincia di Como che sempre il 22 giugno, in prima pagina, sotto il titolo “A Como ci sono già 13 ministeri. E ci costano”, si legge: “A ben pensarci lo Stato, il governo e i ministeri sono già ben presenti in ogni città: a Como, ad esempio, ci sono uffici e diramazioni locali di ben 13 dicasteri romani”. L’articolo di Maria Castelli ricostruisce l’elenco: “Si comincia con il ministero dell’Interno (Prefettura e Questura), la Difesa (le caserme), Economia e finanze (Agenzie delle Entrate, del Territorio, delle Dogane, dei Monopoli), del Tesoro (Ragioneria dello Stato), dell’Agricoltura (Forestale), della Giustizia, dei Beni culturali, delle Poste, dei Trasporti (la Motorizzazione), del Lavoro, dell’Istruzione, del Welfare e della Salute”. Per un totrale di 25mila dipendenti. E quello che vale per Como, vale per tutta Italia (Leggi). Perché Trasporti, Istruzione, Infrastrutture, Economia fino al ministero dell’Ambiente possono contare su uffici e dipartimenti lontani da Roma. Certo, non saranno le sedi centrali di cui parla Calderoli, ma sono le “articolazioni periferiche dei ministeri” di cui ha parlato Silvio Berlusconi per tentare di rassicurare il Pdl sulle mire ‘nordiste’ del Carroccio.
Il 25 maggio La Provincia torna a battere sul chiodo del decentramento con un vero e proprio appello: “A proposito di ministeri decentrati da Roma al Nord, sarebbe bello che qualche ministro del governo, magari proprio un leghista, guardasse all’enorme spreco che lo Stato fa a Como dove ha numerosi edifici di proprietà vuoti e nello stesso momento paga maxi affitti per le sedi dell’Archivio di Stato e per la caserma dei carabinieri. Soldi buttati al vento ogni anno”. Si tratta di 428 mila euro: 200 mila euro spesi ogni anno dal ministero dei Beni culturali per l’affitto dell’Archivio di Stato di via Briantea e 228 mila euro spesi dal ministero della Difesa per il canone d’affitto della palazzina che ospita la caserma dei carabinieri. Eppure, gli edifici statali vuoti a disposizione non mancano, per esempio l’ex carcere di S. Donnino e la caserma De Cristoforis. Quest’ultima potrebbe ospitare l’Archivio, ma Difesa e Demanio militare hanno sempre bocciato la proposta considerando la struttura “di riserva” (cioè militarizzata, ndr) e quindi indisponibile per altre funzioni anche pubbliche.
E per utilizzare come Archivio di Stato uno stabile in via Briantea a Como, dal 1994 (anno dello sfratto) a oggi il ministero dei Beni culturali ha speso 3 milioni di euro di affitto. Di fatto si tratta di un’occupazione. Come rivela oggi La Provincia, per stare lì il ministero non versa un canone d’affitto, ma un’indennità di occupazione, 200 mila euro l’anno in due rate semestrali. Sotto il profilo giuridico si tratta di “un’occupazione senza titolo” visto che il ministero ha perso la causa di sfratto e non è in grado di ottemperare ai 30 avvisi di sloggio arrivati in questi anni, l’ultimo il 15 giugno.
Ma non c’è solo l’Archivio di Stato. La Provincia individua anche l’inghippo della caserma Venini: operazione da otto milioni di euro con l’obiettivo di trasferire il comando dei Carabinieri nell’ex distretto militare caserma Venini, in modo da non pagare più 228 mila euro l’anno d’affitto all’amministrazione provinciale proprietaria della caserma e che, a sua volta, ne spende 200mila per affittare sedi per i propri uffici. Il primo lotto del nuovo quartier generale è stato realizzato a regola d’arte, secondo programma; il secondo lotto è stato appaltato ad un’altra impresa che fallisce. Tre anni di ritardo sui lavori. E, nel frattempo, si continuano a pagare affitti su affitti.