Lo Giudice è anche il presidente onorario dell'Arcigay: "Una cerimonia simbolica, la Norvegia è l'unico paese che permette le nozze senza essere residenti. Ma subito dopo ci batteremo perché l'unione venga riconosciuta legalmente anche in Italia"
Questo matrimonio riporta d’attualità anche il tema delle unioni tra persone dello stesso sesso, non riconosciute in Italia. “Abbiamo scelto Oslo”, ha detto Guarratano, “perché la Norvegia è l’unico Paese in Europa dove ci si può sposare senza essere residenti. Molti vanno in Spagna fingendo di esserlo, ma noi non volevamo questa forzatura”. E al rientro in patria, dopo una festa per il 2 settembre con gli amici e i parenti fissata che non avranno potuto seguirli in Scandinavia, annunciano battaglia perché la loro unione – così come quella di tanti altri – venga riconosciuta legalmente anche qui”.
“C’è il valore simbolico nella nostra decisione”, dice il consigliere Lo Giudice, “ma non solo. C’è anche un valore che va oltre e che vogliamo estendere a tutte quelle persone che già da tempo lottano perché la loro unione venga riconosciuta”. Le parole del capogruppo del Pd lasciano intendere che la linea per arrivare a dare valore legale al matrimonio tra gay sia già tracciata. “Arriveremo fino alla corte europea”, aggiunge infatti Sergio Lo Giudice.
Del resto per entrambi l’impegno per l’affermazione e la promozione dei diritti Lgbt è tutt’altro che una novità. C’è stato in Emilia Romagna il caso di Alessandra Bernaroli, la trentanovenne modenese divenuta donna dopo aver contratto matrimonio quando ancora era un uomo e che si è vista imporre il divorzio per vie burocratiche. Era ricorsa al tribunale di Modena che, in primo grado, aveva dato ragione a lei e alla moglie annullando lo scioglimento del matrimonio, ma poi la corte d’Appello di Bologna qualche settimana fa aveva sentenziato in modo diametralmente opposto. Che divorzio sia.
In questa vicenda, non ancora chiusa dato che manca un grado di giudizio, riguarda Michele Guarratano perché ha fatto parte del collegio di avvocati che ha seguito l’iter processuale. “È una vicenda che mi ha molto colpito”, ha racconta il promesso sposo del capogruppo Pd in Comune. “In Italia, pur di non permettere a due omosessuali di essere sposati, si costringe a un divorzio”. Di qui la decisione della coppia bolognese di farsi apripista nel riconoscimento legale dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.
In merito invece alla recente polemica che ha coinvolto il sindaco di Bologna, Virginio Merola, Lo Giudice fa delle puntualizzazioni. La bufera del dopo voto sul primo cittadino era scoppiata quando era stata riportata la sua intenzione di introdurre nei regolamenti comunali sistemi premianti per le coppie sposate perché – si è scritto – “si prendono più impegni e responsabilità, quindi meritano di essere ricompensate”.
Per il capogruppo del Pd si sarebbe trattato di un “attacco mal diretto” a Merola, accusato di favorire le unioni tra eterosessuali. “Il sindaco ha sempre detto che vanno riconosciute le responsabilità di chi si prende impegni che comprendono sì il matrimonio, ma anche la convivenza (e dunque le coppie di fatto) e chi decide di fare figli al di fuori dei vincoli matrimoniali”. Inoltre, ha aggiunto Lo Giudice, “il sindaco di Bologna ha già dichiarato di volersi fare promotore presso l’Anci (associazione nazionale comuni italiani) di una linea politica che faccia pressione sul governo perché le unioni tra gay vengano riconosciute legalmente”.