Giovanna ha 38 anni, e prima di avere un figlio aveva anche un bell’ufficio, una scrivania arredata con foto della famiglia e vasetti di piante, una professionalità maturata in 6 anni da responsabile amministrativa di una ditta di ortofrutta. Al ritorno dal congedo di maternità, l’anno scorso Giovanna non ha più trovato né il suo ufficio né, tanto meno, la sua scrivania. Per lei, l’azienda del bolognese di cui era dipendente aveva affittato un capannone ad hoc, senza servizi igienici, dove da sola poteva continuare – demansionata – a svolgere il lavoro impiegatizio.
Francesca, invece, di anni ne ha 35. Prima della nascita della piccola Carolina lavorava come manager per una società di consulenza finanziaria. A pochi mesi dalla nascita della bambina, per indurla a licenziarsi la società l’ha prima trasformata da coordinatrice di uno staff a “junior”, sottoposta agli impiegati che fino a un anno prima guidava. E poi le ha cambiato il pacchetto dei clienti, imponendole trasferte su trasferte per raggiungere aziende in tutt’Italia malgrado una legge imponga il divieto di lavoro notturno per le madri fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
E poi c’è Marina. Commessa a tempo indeterminato in un prestigioso negozio di oreficeria del centro città, 30 anni, l’anno scorso si vede recapitare un licenziamento in tronco motivato dal calo di fatturato dell’esercizio. Peccato che il piccolo Alessandro avesse solo 8 mesi. E che per legge non possa essere licenziata una dipendente finché il proprio figlio non abbia compiuto un anno.
Così come è stato per Giovanna, Francesca e Marina (i nomi sono tutti di fantasia, le storie purtroppo drammaticamente reali), le vittime della crisi economica sotto le due Torri, alibi perfetto – per piccole e grandi aziende – per cercare di calpestare i diritti di chi lavora, sono soprattutto di sesso femminile. Donne per il 54% dai 31 ai 40 anni, madri di bambini piccoli o nei peggiori dei casi ancora in fasce, e che per questo hanno una bassissima capacità di conciliazione con il datore di lavoro: troppo alto è il rischio di perdere un impiego, seppure umiliante o malpagato, quando a casa ad aspettarti c’è una creatura di pochi anni.
È quanto racconta l’attività per il 2010 delle consigliere di parità per la Provincia di Bologna, figure istituzionali – sotto le due Torri sono due giovani donne, selezionate per competenza e curriculum – che offrono consulenza e appoggio legale completamente gratuiti per i casi di discriminazioni di genere sul posto di lavoro. L’identikit perfetto dei casi trattati (27 nello scorso anno, di cui 5 sono arrivati fino alla causa di lavoro mentre gli altri si sono fermati ai passaggi precedenti della consulenza, o del tentativo di conciliazione) è quello di un’impiegata di una ditta privata, di nazionalità italiana e con un’educazione e una formazione professionale piuttosto alte, titolare di un contratto a tempo indeterminato e che, nel 67% dei casi, è di recente diventata madre.
“Dispiace constatarlo”, racconta Giorgia Campana, una delle due consigliere, mentre con una mano spinge avanti e indietro la carrozzina della figlioletta e con l’altra sistema lo schermo del pc portatile, “ma l’elemento che rende deboli è proprio la presenza di figli. E con la crisi economica che tarda a passare aumentano i casi di licenziamento in tronco”. Sei, l’anno scorso. Ma se per il 2010 le storie di discriminazione seguite dall’ufficio della Provincia sono state una trentina, nei primi cinque mesi dell’anno nuovo siamo già a quota 15. E in una situazione come questa, è amaro dirlo ma qualche azienda ci “prova”: sperando che la malcapitata dipendente non abbia le possibilità economiche, o la forza psicologica, di opporsi ad un torto sul posto di lavoro.
“Ma nella maggior parte dei casi riceviamo richieste di pareri o forniamo consulenze per questioni all’apparenza molto più lievi”, prosegue Campana, “che danno però comunque l’idea della situazione attuale”. Il panorama va dalle ditte che non forniscono i buoni pasto alle dipendenti in maternità (è successo in un istituto bolognese di ricerca legato al Cnr, in questo caso l’azione delle consigliere si è limitato alla consulenza legale via mail), ai dinieghi per quanto riguarda cambi turno e richieste di part time.
Tutti elementi, del resto, confermati dalla ricerca promossa qualche mese fa dallo stesso ufficio delle consigliere, e realizzata dal MeDec. Su un campione di 700 lavoratrici, tra le precarie, la quota delle donne angosciate dall’eventualità di perdere il posto, cresce vistosamente (dal 28% al 45), così come prende corpo la certezza di un peggioramento della qualità del lavoro (dal 23% del 2008 al 27 del 2010). Nelle lavoratrici in generale, ma in particolare nelle precarie, c’è poi la certezza (acuta nel 70% dei casi), che la crisi economica stia schiacciando verso il basso le attese/rivendicazioni dei lavoratori.
Emilia Romagna
Donne senza diritti:
licenziate perché madri
Discriminazioni sul luogo di lavoro: il rapporto della commissione pari opportunità della Provincia di Bologna: "In tempi di crisi sono le più colpite"
Francesca, invece, di anni ne ha 35. Prima della nascita della piccola Carolina lavorava come manager per una società di consulenza finanziaria. A pochi mesi dalla nascita della bambina, per indurla a licenziarsi la società l’ha prima trasformata da coordinatrice di uno staff a “junior”, sottoposta agli impiegati che fino a un anno prima guidava. E poi le ha cambiato il pacchetto dei clienti, imponendole trasferte su trasferte per raggiungere aziende in tutt’Italia malgrado una legge imponga il divieto di lavoro notturno per le madri fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
E poi c’è Marina. Commessa a tempo indeterminato in un prestigioso negozio di oreficeria del centro città, 30 anni, l’anno scorso si vede recapitare un licenziamento in tronco motivato dal calo di fatturato dell’esercizio. Peccato che il piccolo Alessandro avesse solo 8 mesi. E che per legge non possa essere licenziata una dipendente finché il proprio figlio non abbia compiuto un anno.
Così come è stato per Giovanna, Francesca e Marina (i nomi sono tutti di fantasia, le storie purtroppo drammaticamente reali), le vittime della crisi economica sotto le due Torri, alibi perfetto – per piccole e grandi aziende – per cercare di calpestare i diritti di chi lavora, sono soprattutto di sesso femminile. Donne per il 54% dai 31 ai 40 anni, madri di bambini piccoli o nei peggiori dei casi ancora in fasce, e che per questo hanno una bassissima capacità di conciliazione con il datore di lavoro: troppo alto è il rischio di perdere un impiego, seppure umiliante o malpagato, quando a casa ad aspettarti c’è una creatura di pochi anni.
È quanto racconta l’attività per il 2010 delle consigliere di parità per la Provincia di Bologna, figure istituzionali – sotto le due Torri sono due giovani donne, selezionate per competenza e curriculum – che offrono consulenza e appoggio legale completamente gratuiti per i casi di discriminazioni di genere sul posto di lavoro. L’identikit perfetto dei casi trattati (27 nello scorso anno, di cui 5 sono arrivati fino alla causa di lavoro mentre gli altri si sono fermati ai passaggi precedenti della consulenza, o del tentativo di conciliazione) è quello di un’impiegata di una ditta privata, di nazionalità italiana e con un’educazione e una formazione professionale piuttosto alte, titolare di un contratto a tempo indeterminato e che, nel 67% dei casi, è di recente diventata madre.
“Dispiace constatarlo”, racconta Giorgia Campana, una delle due consigliere, mentre con una mano spinge avanti e indietro la carrozzina della figlioletta e con l’altra sistema lo schermo del pc portatile, “ma l’elemento che rende deboli è proprio la presenza di figli. E con la crisi economica che tarda a passare aumentano i casi di licenziamento in tronco”. Sei, l’anno scorso. Ma se per il 2010 le storie di discriminazione seguite dall’ufficio della Provincia sono state una trentina, nei primi cinque mesi dell’anno nuovo siamo già a quota 15. E in una situazione come questa, è amaro dirlo ma qualche azienda ci “prova”: sperando che la malcapitata dipendente non abbia le possibilità economiche, o la forza psicologica, di opporsi ad un torto sul posto di lavoro.
“Ma nella maggior parte dei casi riceviamo richieste di pareri o forniamo consulenze per questioni all’apparenza molto più lievi”, prosegue Campana, “che danno però comunque l’idea della situazione attuale”. Il panorama va dalle ditte che non forniscono i buoni pasto alle dipendenti in maternità (è successo in un istituto bolognese di ricerca legato al Cnr, in questo caso l’azione delle consigliere si è limitato alla consulenza legale via mail), ai dinieghi per quanto riguarda cambi turno e richieste di part time.
Tutti elementi, del resto, confermati dalla ricerca promossa qualche mese fa dallo stesso ufficio delle consigliere, e realizzata dal MeDec. Su un campione di 700 lavoratrici, tra le precarie, la quota delle donne angosciate dall’eventualità di perdere il posto, cresce vistosamente (dal 28% al 45), così come prende corpo la certezza di un peggioramento della qualità del lavoro (dal 23% del 2008 al 27 del 2010). Nelle lavoratrici in generale, ma in particolare nelle precarie, c’è poi la certezza (acuta nel 70% dei casi), che la crisi economica stia schiacciando verso il basso le attese/rivendicazioni dei lavoratori.
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".