Torniamo alla terribile mattina di lunedì, per allargare il discorso su un tema a me particolarmente caro: la violenza. Non nego che durante gli scontri siano volate delle pietre contro la polizia (come del resto sono volati i lacrimogeni contro di noi). Noi eravamo lì davanti anche per evitare ciò, per non inasprire lo scontro, ma le persone erano tante ed era difficile avere un controllo totale. Ecco allora che, scorrendo i giornali, si legge tanto di questa violenza, si parla di frange estremiste, eccetera, eccetera.
Non voglio ovviamente giustificare la violenza, e ho sempre detto che la lotta dei No Tav doveva essere portata avanti con metodi pacifici, come fa Turi Vaccaro, il pacifista andato incontro alle forze dell’ordine che in questi giorni sta diventando un simbolo del movimento. Ma quello che vorrei sottolineare è che nella morale comune, purtroppo, la violenza è sempre e comunque associata quasi solo all’atto violento che un uomo commette nei confronti di un altro uomo: dà un calcio, tira un pugno, lancia una pietra. Questa è intesa come violenza.
Ma la violenza invece non è solo questa, anzi è soprattutto altro. L’uomo sta commettendo immense azioni violente in tutto l’orbe terracqueo senza che la morale comune, o meglio maggioritaria, le riconosca come tali e le condanni. Sono le violenze contro la natura. E qui non parlo delle immani catastrofi tipo le dighe in Cina e India o la deforestazione in Brasile o nel Borneo, contro cui ci può essere un certo sentire comune. Parlo di casa nostra. C’è forse una maggioranza che ritenga che rivoltare un terreno fertile per costruire case o capannoni industriali sia violenza? E c’è forse una maggioranza che pensi che una fresa che buca la montagna sia un atto supremo di violenza?
Eppure, questo cambio di mentalità sarà necessario se l’uomo vuole sopravvivere. Lo scrittore americano E. B. White, che non era certo un ambientalista, ma solo un uomo di buon senso, diceva: “Noi ci accostiamo alla natura solo per sottometterla. Se ci adattassimo a questo pianeta e lo apprezzassimo, invece di considerarlo in modo asettico e dittatoriale, avremmo migliori possibilità di sopravvivere.” E così come sarà necessario rivedere il nostro concetto di violenza, sarà altresì indispensabile distinguere tra legittimo e giusto. Ciò che è legittimo non necessariamente è giusto, e comunque può diventare anche illegittimo col tempo. La pena di morte negli Stati Uniti o in Cina è legittima. La riteniamo forse giusta? E anni fa alle donne non era concesso votare. Era legittimo. E’ forse legittimo o lo riteniamo giusto oggi? Insomma, se vogliamo cambiare in meglio il mondo dobbiamo prima mutare radicalmente il nostro modo di pensare.
E allora torniamo a bomba, anzi alle pietre. Vero, sono un atto di violenza. Ma perché non pensare che, a monte di questo atto di violenza, c’è un progetto violento: quello di sventrare una montagna, di creare inquinamento per decine di anni, di disperdere immense quantità di quel sacro bene che abbiamo che è l’acqua, e solo ed esclusivamente per ragioni affaristiche? E perché non pensare che, come già dissi, anche ammesso che quest’opera sia legittima non è per nulla giusta?
Luigi La Spina su La Stampa online del 28 giugno scrive che alla Maddalena “è stato abbattuto il muro dell’illegalità”. Io gli rispondo: “E’ rimasto in piedi quello dell’ingiustizia”.