L'agenzia di rating conferma il suo giudizio: l'outlook italiano potrebbe essere tagliato. Non basta il via libera di ieri del Cdm alla manovra da 47 miliardi di euro. Su cui verrà posta la fiducia, conferma Berlusconi. Scelta che non allontana l'allarme di un possibile "stallo politico", lanciato dagli analisti a maggio
Nonostante la manovra, l’Italia resta debole. E’ questo il giudizio dell’agenzia di rating Standard & Poor’s che, all’indomani del via libera del consiglio dei ministri alla manovra finanziaria da 47 miliardi di euro, conferma il suo allarme di un mese fa: “Restano rischi sostanziali per il piano di riduzione del debito, soprattutto a causa delle deboli prospettive di crescita”. Le misure stabilite per il 2011-2014 e che dovrebbero portare il Paese al pareggio di bilancio non convincono l’agenzia. Che, nella seconda metà di maggio aveva tagliato l’outlook italiano da ‘stabile’ a ‘negativo’, pur confermando il voto ‘A+’ sul rating. La previsione di un possibile ribasso del giudizio da parte di Standard & Poor’s era stata formulata dagli analisti proprio su basi politiche. Secondo l’agenzia, l’Italia corre il rischio di “un possibile stallo politico”, che potrebbe impedire di varare le necessarie riforme di cui il Paese ha bisogno. Oppure potrebbe non bastare, come nel caso della manovra. Standard & Poor’s, insieme ai colleghi di Moody’s sono state convocate settimana prossima dalla Commissione di vigilanza sulla Borsa. La prima dovrà spiegare alla Consob perché ha deciso di pubblicare la propria nota prima che il testo definitivo del dl della manovra sia pubblicato in Gazzetta Ufficiale e a mercati aperti. La seconda verrà ascoltata lunedì sulla decisione di mettere sotto osservazione 16 banche italiane, che ha provocato una giornata di altalena dei titoli creditizi in borsa. L’autorità garante ha anche interessato della questione il nuovo organismo omologo europeo, l’Esma, che dovrebbe affrontare la vicenda in una riunione a Parigi la prossima settimana.
Il giudizio dell’agenzia intanto non aiuta certo la maggioranza a stare serena. Mentre il premier Silvio Berlusconi conferma che sulla manovra – alla fine dell’iter parlamentare – “sarà posta la fiducia”, l’opposizione non ci sta. “Eventualmente”, secondo il presidente del Consiglio, si potrà pensare a “suggerimenti migliorativi”. Anche dell’opposizione, purché si tratti “di buoni consigli e non di emendamenti localistici e di parte”. Ma l’apertura dichiarata dal premier non basta a placare le polemiche per l’annuncio della fiducia. “Le pretese di Berlusconi sono ridicole e contraddittorie”, commenta il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro. Se da una parte il premier chiede collaborazione “per far quadrare i conti” e “risolvere l’emergenza economica”, nota Di Pietro, “dall’altra annuncia che metterà la fiducia”. “Insomma – conclude il leader dell’Idv – quale collaborazione vuole? Quello che vuole è solo servilismo”.
E ad annunciare gli emendamenti temuti dal premier è il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Che li annuncia soprattutto sul tema dei tagli ai costi della politica. “Se vogliamo fare sul serio”, dice. Per Bersani, comunque, tutta la manovra è “inaccettabile sotto il profilo sociale”. “E’ una botta micidiale, una vera bomba a orologeria – conclude – pensare di tagliare dieci miliardi dopo averne tagliati altrettanti in questi due anni”. Scettici anche i sindacati. “Berlusconi sbaglia a mettere la fiducia sulla manovra – commenta il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni -. Questo è solo un appuntamento, altri ce ne saranno”. Già in stato di allarme invece regioni ed enti locali: per i tagli da 9,6 miliardi previsti nel biennio 2013-2014. Vasco Errani, presidente della Conferenza delle regioni, esprime “forte preoccupazione” e chiede “un’operazione verità da parte del presidente del Consiglio”. “Deve dire ai cittadini – chiarisce Errani – quali servizi la Repubblica italiana è in grado di assicurare”.