È passato un mese da quando Giovanni Stella, ad di TIMedia ed editore di La7, annunciava al Fatto: “Uno o due fra Santoro, Gabanelli, Floris e Fazio verranno a La7”. Era il 4 giugno. Oggi è il 3 luglio e non ne è arrivato nemmeno uno. Vuol dire che il dottor Stella faceva finta di volerli? No, abbiamo buoni motivi per ritenere che li voleva davvero. Almeno lui. Tant’è che aveva ingaggiato Nuzzi e Facci da Libero per pararsi sul lato destro. E aveva inviato a Santoro un contratto firmato: con la firma del conduttore, La7 non avrebbe più potuto tirarsi indietro. Poi è accaduto qualcosa. Un po’ di consecutio temporum.
4 giugno. Stella col Fatto usa una strana metafora per descrivere la campagna acquisti in casa Rai: “Attendo i macachi-conduttori che scendono dal banano Rai. Con due di loro ho un accordo di massima”. Come a dire (agli azionisti? ad altri?): non sono io che salgo a prenderli, ma la Rai me li butta addosso, come faccio a mandarli indietro?
6 giugno. Rai e Santoro annunciano il divorzio consensuale e la fine del contenzioso giudiziario alla vigilia della Cassazione. Mentana annuncia al Tg La7: “Santoro è a un passo da La7, la trattativa è molto avanzata, sul piano sia contrattuale sia dei contenuti giornalistici che potrebbe autonomamente realizzare: la decisione definitiva spetta a lui”.
7 giugno. Il titolo TiMedia guadagna il 17% in Borsa.
8 giugno. Anche Lerner dà la cosa per fatta: “Con l’arrivo di Santoro a La7 ci sarà un salto dimensionale ulteriore”.
9 giugno. Berlusconi: “Sono sincero, non posso dirmi dispiaciuto che Santoro lasci la Rai”. L’ultimo Annozero straccia tutti i record: 8,3 milioni, 32% di share.
14 giugno. Stella torna a parlare per metafora, altra excusatio non petita su Repubblica: “Santoro? Quando una donna si spoglia e si stende sul letto, c’è bisogno di fare altre domande? No. Ti togli la giacca, ti sfili la camicia e la smetti di chiacchierare”.
16 giugno. Santoro, a Un giorno da pecora, dice che Telecom non può fare liberamente “campagna acquisti” sennò “il governo potrebbe usare tutti i mezzi per sparare su Telecom”, in ogni caso “la possibilità che io vada a La7 è del 100% se le loro intenzioni fossero buone, concrete e rispettose delle nostre prerogative. Bisogna soltanto aspettare”.
23 giugno, Ansa ore 13.36. Stella presenta il nuovo palinsesto e annuncia: “Con Santoro è stata già trovata un’intesa di massima. Spero di uscire presto con l’annuncio e di firmare il contratto”.
23 giugno, Ansa ore 20.07. TIMedia rettifica l’annuncio di Stella: “Col dr. Santoro non è stato ancora trovato un accordo”.
28 giugno. Prima bozza della manovra finanziaria: chi (Telecom) possiede la rete telefonica per la banda larga dovrà renderla “aperta” ai concorrenti, potenziarla a spese proprie e dividerne la proprietà con la Cassa depositi e prestiti (cioè con lo Stato).
30 giugno, Ansa ore 13.32. “TIMedia ha interrotto le trattative con Santoro per ‘inconciliabili posizioni riguardo alla gestione operativa dei rapporti fra autore ed editore’”. Il titolo perde il 3%. Cambia la finanziaria: Telecom conserva la rete e, per potenziarla, potrà attingere a “risorse pubbliche”. Santoro parla di “gigantesco conflitto d’interessi”, ma è pressoché l’unico.
Il conflitto d’interessi è diventato una norma costituzionale occulta, un tabù che non solo non va risolto, ma neppure nominato (anche noi ci adeguiamo nel titolo). Dall’archivio Ansa dell’ultimo mese risultano aver parlato di “conflitto d’interessi/e” sul caso Santoro solo quattro politici: Vita e Giulietti del Pd, Orlando e Pardi di Idv (più il pdl Butti per negarlo). Bersani e Vendola non pervenuti: si limitano a criticare la scelta della Rai, poi però zitti sul seguito. Bersani, superando a fatica lo choc per le dimissioni di Vasco Rossi da rockstar, sostiene anzi che “Berlusconi non so se ci guadagnerà perché Santoro tanto risbucherà”. Bravo merlo, hai capito tutto.
Il Fatto Quotidiano, 3 luglio 2011